Cuore sacro
id.
Regia
Ferzan Ozpetek
Sceneggiatura
Gianni Romoli,
Ferzan Ozpetek

Fotografia
Gianfilippo Corticelli
Montaggio
Patrizio Marone
Musica
Andrea Guerra
Interpreti
Barbora Bobulova, Lisa Gastoni, Andrea Di Stefano, Massimo Poggio, Erica Blanc, Camille Dugay Comencini, Michela Cescon, Stefania Spugnini
Anno
2005
Durata
118'
Nazione
Italia
Genere
drammatico
Distribuzione
Medusa Film

Irene è bella, ricca, intelligente. È uno squalo bellissimo e implacabile, che ha appena concluso un affare d'oro, rilevando l'azienda di alcuni amici di famiglia che navigava in cattive acque (i due, marito e moglie, si sono uccisi subito dopo, but business is business). È anche riuscita, da pochi giorni, a ottenere l'autorizzazione per ristrutturare un vecchio palazzo appartenente alla sua famiglia, dove farà costruire tanti redditizi miniappartamenti. Ma la riapertura di quelle vecchie stanze, nelle quali è vissuta, quasi segregata, la madre "inferma di mente", riaprirà anche porte sul passato (e sul presente). Una stanza in particolare, la camera della madre, è il fulcro della storia, stanza del cuore dalle pareti completamente coperte di scritti apparentemente indecifrabili. Tali perché privi di senso o per l'incapacità di chi legge a riconoscerlo?
Film fatto per mostrare, generare dubbi e riflessioni; non per insegnare, o giudicare. Chi vedesse in Ozpetek un moralista, un maître a penser, traviserebbe il suo cinema, e lo potrebbe giudicare eccessivo. Questo rischio si corre soprattutto verso la fine, dove il regista effettivamente osa un po' e ci porta in una dimensione di misticismo estremo (di cui è pervaso un po' tutto il film, basti pensare alla citazione che fa della Pietà, quando Irene soccorre Gianluca).
Film dedicato "agli sgusciati", nella doppia accezione di "privi di guscio", di difese da un mondo ostile e spietato, e di "sgusciati via", scappati, esiliati, dimenticati. Un film che commuove, che può generare reazioni diverse e contrastanti, ma fatto sicuramente col cuore, anzi forse col "cuore sacro". [matteo lenzi]

Ogni persona possiede due cuori, uno visibile, in luce, l'altro nascosto nell'ombra. Irene Ravelli (Barbora Bobulova) è una top manager dal cuore algido. Irene ha tutto, villa con piscina, BMW con autista, è stata eletta Manager dell'Anno: ma niente di ciò che possiede la rende "umana". Si intuisce dalla freddezza con cui apprende la notizia di due amici, suicidati dopo averle venduto quel che resta della loro azienda. Si comprende quando, spinta dalla zia Eleonora (Lisa Gastoni), vorrebbe vendere la bella casa materna per ricavarne tanti piccoli appartamenti.
L'incontro con Benny, una ragazzina allo stesso tempo ladra e benefattrice, le cambierà letteralmente la vita. Scoprirà l'insospettabile povertà nel cuore di Roma e quanta umanità si celi nella disgrazia. Alla sua quinta regia, Ferzan Ozpetek abbandona i temi a lui cari, le relazioni sentimentali in tutti i suoi intrecci, per spingersi concettualmente molto più avanti. Cuore sacro tratta tematiche importanti quali memoria familiare, povertà, religione. Evoca fantasmi celati nella nostra mente, concetti insiti in noi ma che difficilmente riescono ad esplodere con la forza dirompente con cui vengono fuori da Irene. Solo attraverso questo violento susseguirsi di eventi, Irene riesce a tirare fuori il suo cuore in ombra e a fare in modo che diventi un cuore sacro. Deciderà di dedicarsi anima e corpo ai bisognosi, arrivando a donare i suoi vestiti in una vertiginosa scena girata a Roma Tiburtina.
A partire dal titolo, Ozpetek vuol farci capire che stiamo entrando nel suo mondo "religioso". Il sacro cuore è Cristo, traslato nel suo messaggio. Il più grande portatore di quel messaggio di amore per ogni creatura umana è San Francesco, e Irene è chiaramente un San Francesco in chiave moderna. Non bastasse questa serie di indizi, Ozpetek riprende una classica scena di Pietà, con la Bobulova che sorregge tra le sue braccia un barbone in cristologica posa.
Un film che potrebbe smuovere le coscienze ma che purtroppo mette nel calderone decisamente troppi argomenti con l'ovvia conseguenza di non soddisfarne alcuno. Le scelte di sceneggiatura e di regia non riescono ad essere coerenti con la storia narrata se non in rare occasioni in cui la bravura delle attrici, una Barbora Bobulova davvero eccellente e due intense scene con Erika Blanc, viene fuori a tappare le troppe falle di questo insolito film. [maurizio milo]