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Anno
2012
Nazione
Italia
Genere
commedia
Durata
90'
Uscita
07/09/2012
distribuzione
Moviemax |
Regia |
Ivan
Silvestrini |
Sceneggiatura |
Roberto
Proia |
Fotografia |
Rocco
Marra |
Montaggio |
Alessia
Scarso |
Scenografia |
Paki
Meduri |
Costumi |
Olivia
Bellini |
Musica |
Leonardo Rosi |
Produzione |
Moviemax
Media Group |
Interpreti |
Josafat
Vagni, Monica Guerritore, Francesco Montanari, Ninni
Bruschetta |
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Pare che
abbiano scoperto che uno dei migliori modi che ha un Vip per
dare una sferzata positiva alla propria popolarità,
ove possibile, sia quella di fare outing (per chi è
ancora anacronisticamente affezionato all'italiano, dichiarare
pubblicamente la propria omosessualità).
Star di tutto il mondo sono lì a dare coraggio per
sfidare le convenzioni, eppure la situazione è ben
più complicata per un tipo come Mattia (Josafat Vagni)
romano, timido, con sorella coatta, madre nevrotica (Monica
Guerritore) e soprattutto padre maschilista vecchio stampo
(Ninni Bruschetta). Il giovane è così impaurito
di dare una delusione alla propria famiglia che decide di
trasferirsi a Madrid dal suo fidanzato piuttosto che affrontare
una pubblica confessione. Ma in Spagna si sa che stanno più
avanti di noi e allora il bel Eduard (qui sempre efebico come
un suo più popolare omonimo, ma privo di canini) trova
normale prendere l'aereo per fare una sorpresa a Mattia e
presenziare alla di lui cena d'addio. In aiuto dell'impacciato
compatriota verranno l'amica del cuore e un gestore di una
lavanderia di giorno/drag queen di notte (il “Libanese”
Francesco Montanari, che en travesti guarda al Dustin Hoffman
di “Tootsie”,
ma si aggira spesso e dolorosamente anche dalle parti del
Bombolo di “Delitto al
blue gay” col suo effeminato romanesco).
Il mondo omosessuale ha trovato nella commedia e più
in generale nell'allegria il mezzo privilegiato per far passare
un messaggio importante come quello di non aver paura di farsi
accettare e di accettarsi. La trasposizione del libro di Roberto
Proia da parte dell'esordiente Ivan Silvestrini ha il merito
di non perdere quella leggerezza nemmeno per un secondo, garantendo
ritmo (tutto si svolge nell'arco di una giornata) e godibilità
ad un soggetto che poteva esaurirsi anche in una puntata di
qualche fiction. A non convincere sono proprio quegli stereotipi
così giustamente biasimati nei comportamenti di molti
nostri contemporanei, ma sfruttati per delineare i personaggi
in scena. La storia d'amore tra i due giovani, per esempio,
tra passeggiate in motorino, scambi di talismani e vezzeggiativi
nella sua ovvietà pare una specie di trasposizione
non etero dell'immaginario di Moccia.
Insomma, nel voler rendere ancora più gradevoli e perfetti
i “buoni”, si rischia di perdere l'interesse di
chi si era prefisso di coinvolgere. Anni fa, nei “Vizietti”
con Tognazzi e Serrault, si rideva con ferocia, si prendeva
in giro e a buon conto ci si metteva in ridicolo, eppure non
c'era mai stato bisogno di rimarcare come in questa new wave
del cinema gay quello che è l'elemento più importante
dietro le paillettes, i dibattiti e le canzoni della Carrà.
Alla base di tutto ci sono solo due persone che si vogliono
bene.
[emiliano
duroni]
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