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Regia
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Mick Davis |
Sceneggiatura |
Mick
Davis |
Fotografia |
Emmanuel
Kadosh |
Montaggio |
Emma
E. Hickox |
Musica |
Guy
Farley |
Interpreti |
Andy
Garcia, Elsa Zylberstein, Omid Djalili,
Hippolyte Girardot, Udo Kier, Eva Herzigova |
Anno |
2004 |
Durata |
127' |
Nazione |
Italia-Francia-Spagna-Romania |
Genere |
drammatico |
Distribuzione |
Istituto
Luce |
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Dalle
tante cinebiografie di questa stagione cinematografica
(The Aviator, Kinsey, Alexander,
Neverland) I Colori dell’anima
si distingue per la scelta di concentrarsi in un arco
relativamente breve della vita del pittore Amedeo Modigliani;
gli anni parigini post primo conflitto mondiale, quando
la vita notturna era illuminata dalle esuberanze e personalità
di Picasso, Rivera, Stein, Cocteau, Soutine e Modigliani
per l’appunto.
La scelta del quasi debuttante regista Mick Davis –
alle spalle un solo film The Match
inedito in Italia – è stata quella
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di
raccontare il privato di Modigliani e la passione che
lo divorà per la compagna Jeanne; un amore dipinto
in termini troppo assolutistici per crederci sino in fondo.
Il film non ci risparmia nessun luogo comune dell'artista
maledetto e dannato sebbene Davis tenti di raffigurarli
come fossero star del rock-n-roll dell'epoca, i Lennon,
Joplin, Dylan, Jagger o Morrison dei favolosi Sixties.
La scenografia a metà strada tra realismo e manifesta
teatralità, un montaggio incapace di dare ritmo
e respiro alle diverse fasi del film, la recitazione sovraeccitata
e manieristica |
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da
parte della maggioranza del film – Andy Garcia quando
fa l’ubriacone
ricorda troppo Nicholas Cage in Via
da Las Vegas - , l’utilizzo di invenzioni
narrative risibili ed irritanti – la figura del
Modigliani bambino che funge da coscienza è insopportabile
- uniti all’inverosimiglianza di alcune personaggi,
su tutti Picasso che sembra soffrire di uno sviluppato
quanto ingiustificato senso di inferiorità verso
Modigliani, appesantiscono un film che sin dall’inizio
dà la sensazione di girare a vuoto, incapace di
scegliere una strada e percorrerla sino in fondo, come
a voler accontentare tutti finendo per scontentare molti.
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Non ci viene risparmiata neanche l'ennesimo accostamento
tra processo creativo pittorico e divino, nella sequenza
più arrogante e pretestuosa dell’intera pellicola
in cui sulle musiche di un Ave Maria rielaborata in versione
moderna da Sasha Lisard ci mostra Soutine, Rivera, Picasso
e Modigliani raccolti davanti la tela bianca prossimi
a realizzare alcuni dei loro capolavori più conosciuti.
Costato 11 milioni di Euro, frutto di una coproduzione
europea tra cui l’italia con Istituto Luce e Buskin
Film, rappresenta il primo capitolo di una trilogia che
il regista
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