Cloverfield
id.
Regia
Matt Reeves
Sceneggiatura
Drew Goddard
Fotografia
Michael Bonvillain
Montaggio
Kevin Stitt
Scenografia
Martin Whist
Costumi
Ellen Mirojnick
Musica
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Interpreti
Lizzy Caplan, Jessica Lucas, T.J. Miller, Michael Stahl-David, Mike Vogel, Odette Yustman
Produzione
Bad Robot, Paramount Pictures
Anno
2008
Nazione
USA
Genere
fantascienza
Durata
85'
Distribuzione
Universal Pictures
Uscita
01-08-2008
Giudizio
Media

Fin dai titoli di testa capisci che non è andato tutto bene. Una didascalia ci avverte che quello che stiamo per vedere è il contenuto di un nastro ritrovato nell'area denominata US443, un tempo conosciuta come Central Park. Se Central Park non esiste più, qualcosa di molto simile ad una catastrofe nucleare si è abbattuta su New York e noi, gli spettatori siamo i testimoni/sopravvissuti di un'apocalisse che è già accaduta ma che paradossalmente sta ancora per accadere. Miracoli del flashback che comprime il tempo e ci proietta in una dimensione posteriore ma contemporaneamente ancora tutta da verificarsi.
Il nastro era nella videocamera di Rob un giovane rampante in carriera della Manhattan dei piani alti, in partenza per il Giappone.
Rob gioca con la videocamera, non sa usarla, è uno degli innumerevoli gingilli elettronici con cui filtra la realtà, dal cellulare all'i-pod di ultima generazione. Nel loft del padre di Beth, Rob si gode il panorama di una Manhattan che si sveglia all'alba ma che non dorme mai. Rob e Beth trascorrono una giornata indimenticabile a Coney Islands. Il nastro si interrompe bruscamente. Frammenti di realtà si susseguono costringendo il pubblico ad una ricognizione immediata della sequenza temporale. Dopo un anno la videocamera è in mano a Jason, suo fratello, che la maneggia maldestro, incaricato da Lilly, la sua ragazza, a organizzare la festa a sorpresa per Rob. Come nei matrimoni ogni invitato lascerà un messaggio di auguri per il festeggiato. Ma Jason se ne libera subito e la molla a Hud, il simpaticone del gruppo imbranato con le donne. Al party arriva anche Beth che si presenta col suo nuovo ragazzo. La reazione di Rob è aggressiva e impietosa. Beth lo ama ma Rob la caccia via dalla festa e dalla sua vita, perché sceglie la carriera e il Giappone ai suoi dolci occhi da cerbiatta e al suo corpo da modella. Ma quando Jason e Hud provano a farlo ragionare, tirando fuori i peggiori luoghi comuni su tutto ciò che comporta un rapporto a distanza (sprecandosi in battute esemplari come "Tu non la meriti") un evento imprevedibile e violento come un terremoto in grado di far tremare le fondamenta di un grattacielo interrompe ogni discussione e li obbliga ad assistere a quello che non avrebbero mai pensato di assistere, almeno non così a breve distanza dopo l'11 settembre. La deflagrazione di interi edifici, il loro collasso e il loro afflosciarsi su se stessi, tra spaventosi boati e grida disumane. Nubi di polvere ricoprono le strade e le arterie principali impedendo ogni movimento. E con il crollo dei grattacieli per estensione siamo spinti a guardare inermi prima al crollo di Manhattan e poi a quello di una civiltà, la nostra per mano di un mostro non meglio identificato che ricorda non troppo vagamente il nipponico Godzilla, invulnerabile e spaventoso.
Come raccontare una materia così vasta che si innesta nelle nostre paure più profonde e che dopo l'attacco alle torri gemelle è diventata di stringente attualità? Il geniale produttore J.J.Abrams, creatore delle serie Alias e Lost, insieme con il regista Matt Reeves e con lo sceneggiatore Drew Goddard scelgono un meccanismo narrativo di matrice televisiva di una potenza spettacolare.
Operano all'interno di una griglia spazio temporale definita fin dalle prime sequenze. Dal punto di vista temporale è la cronaca di una notte, comincia dall'ora di cena e si conclude all'alba del giorno dopo. Lo spazio invece in cui si muovono i personaggi è Manhattan che si trasforma immediatamente in una prigione infernale, un'isola da cui è impossibile fuggire. Il Godzilla sorto dagli abissi dell'oceano e che non vedremo mai nella sua interezza, tranne che per i dettagli e che si manifesta grazie a un esercito di creature demoniache che si originano dal suo corpo, disintegra i ponti e rende impraticabile ogni via di salvezza.
Dentro quest'arena circoscritta, lo stile di regia adottato per innovare un genere catastrofico che rischia di essere noioso e banale è quello della soggettiva assoluta. Come in alcuni esperimenti cinematografici della nouvelle vague e come in Guy di Michael Lindsay Hogg, assistiamo agli eventi nell'istante stesso in cui accadono, mantenendo alta l'adrenalina e garantendo un effetto sorpresa che non lascia il tempo ai personaggi e al pubblico di ragionare e di risolvere l'emergenza. L'uso del fuori campo quindi è determinante per innescare i meccanismi di paura e di ansia, all'occhio è proibita la visione e la comprensione degli eventi. Le conseguenze filosofiche e psicanalitiche vengono arginate e sacrificate all'interno di un genere narrativo che non ammette deviazioni di sorta. Se la storia d'amore che dà benzina alle azioni dei personaggi (se si trattasse soltanto della cronaca di una salvezza da una catastrofe avremmo avuto un qualsiasi b-movie) è superficiale e mostra il fianco alla scarsa credibilità, indubbiamente come film di fantascienza, Cloverfield si pone come la vera novità dell'anno sia dal punto di vista linguistico che commerciale
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[matteo cafiero]