La
produzione di Chi nasce tondo
è un percorso formativo, patrocinato dell’Assessorato
alle Politiche Educative e Scolastiche del Comune di Roma,
che ha visto la partecipazione degli studenti di alcuni licei
romani (Lucrezio Caro, Giordano Bruno, Virginia Woolf, Ilaria
Alpi) e della Scuola di Cinema Digital Desk, che hanno preso
parte a tutte le fasi della creazione del prodotto cinematografico,
dalla sceneggiatura, alle riprese sul set fino al montaggio
finale. Un’interessante esperimento realizzato grazie
all’illuminato supporto di RAICINEMA che co-produce
e Istituto Luce che distribuisce.
Il titolo è traslato da un antico detto per cui “Chi
nasce tondo, quadrato non ci muore.” Tondo, anzi tonda
è la nonna ultraottantenne di Mario e Righetto, che
decide di evadere dalla casa di cura in cui è stata
rinchiusa portandosi dietro 10.000 euro prelevati dalla cassaforte
dell’Istituto. Apparentemente quadrati sono i due cugini:
Mario (Valerio Mastrandrea) l’infame per aver rinchiuso
nell’ospizio l’anziana nonna, oppresso dalla famiglia
della fidanzata nonché futura sposa e da un lavoro
frutto più che di una libera scelta o talento per dovere
familiare. Righetto vive di espedienti, occupando case che
riaffitta ai diseredati del mondo. I due si mettono sulle
tracce dell’anziana uno per sedare i suoi sensi di colpa,
l’altro attratto dalla possibilità di recuperare
e fare sua la refurtiva. Il tutto in una Roma borgatara, piena
di piccola umanità, di colori e calori di un tempo
che sembra non esistere più ma sopravvivere solo nei
ricordi dei vecchi film di Alberto Sordi, cameo di Anna Longhi
moglie di Alberatone in Dove vai in Vacanza?, Federico Fellini
con cameo di Sandra Milo, nel ruolo di Anna Tre Culi tenutaria
di un bordello, o Mario Monicelli, cameo di Tiberio Murgia,
I soliti ignoti.
Tra battute divertenti, personaggi che solo Roma sa creare
e diverse lungaggini di sceneggiatura, il film scorre via
in un viaggio formativo capace di alterare le leggi della
geometria; “Chi nasce tondo, non sempre… quadrato
non ci muore.” [fabio
melandri]