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Anno
2011
Nazione
Italia
Genere
drammatico
Durata
93'
Uscita
21/10/11
distribuzione
Lucky Red |
Regia |
Michele
Rho |
Sceneggiatura |
Francesco
Ghiaccio, Michele Rho |
Fotografia |
Andrea
Locatelli |
Montaggio |
Luca
Benedetti |
Scenografia |
Paki
Meduri |
Costumi |
Francesca
Tessari, Susanna Mastroianni |
Musica |
Nicola Tescari |
Produzione |
Settembrini
Film, Rai Cinema |
Interpreti |
Vinicio
Marchioni, Michele Alhaique,
Giulia Michelini,
Duccio Camerini |
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Presentato
all'ultima Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Controcampo,
il film narra di Alessandro (Vinicio Marchioni) e Pietro (Michele
Alhaique), due fratelli che vivono un'infanzia dura e allo stesso
tempo spensierata sugli Appennini toscani, sotto l'egida di
un padre severo e una madre amorevole (Asia Argento). Alla morte
di quest'ultima, il padre vende tutti gli averi per acquistare
una coppia di cavalli di cui i due dovranno occuparsi. Ormai
uomini, mostreranno le differenze delle loro indoli: Alessandro,
più inquieto, sarà attratto dalle luci della città
e da una vita dissoluta, Pietro troverà lavoro presso
un allevatore di cavalli (Duccio Camerini), coltiverà
l'amore per la figlia del farmacista (Giulia Michelini) e proverà
a mettere radici tra le sue montagne. Sarà comunque la
vita a far intrecciare di nuovo le strade dei due protagonisti,
costringendoli a venire a patti con il proprio passato.
Ad aprire la pellicola, c'è una frase di Cormac McCarthy,
poeta e cantore dell'esistenza vista come violenta lotta di
sopravvivenza tra gli uomini e contro gli elementi, in una natura
tanto ostile e matrigna quanto struggente e meravigliosa. L'esordiente
Michele Rho sembra abbracciare questa poetica narrando una piccola
epopea familiare tra corse nei boschi, tuffi nei torrenti gelati
e distese di neve, ma i caratteri fin dall'inizio appaiono troppo
statici e monocromatici, rendendo così anche prevedibili
le vicende che li coinvolgono.
Parleremmo di un errore veniale, se gli sceneggiatori non avessero
pensato ad una vigorosa sterzata narrativa nel finale, tingendo
di tragedia e forse anche di western una storia fin lì
con qualche giro a vuoto, ma nel complesso godibile. Se nei
classici di John Ford e Howard Hawks abbiamo visto decine di
uomini disarcionati dai loro destrieri una volta colpiti dalle
pallottole nemiche, qui la statistica è invece molto
più funerea per gli equini, mentre più di una
volta i protagonisti reagiscono a botte e veri e propri tentativi
di omicidio con grande dispersione di sangue in verità,
ma sempre rialzandosi in scioltezza e riprendendo l'azione laddove
l'avevano lasciata un minuto prima.
Sicuramente questo potrebbe rappresentare un elemento di originalità
se non di vera e propria novità nella storia del cinema,
ma resta il fatto che troppo spesso, nelle recenti produzioni
italiane, si bada alla poesia, alla bellezza delle immagini
e delle scene, molto meno che alla verosimiglianza e alla tenuta
della storia, come se il tutto non fosse intimamente collegato.
Peccato, perchè date le ambiziose premesse, sembrava
lecito aspettarsi di più. [emiliano
duroni] |