“Ho
preso tanti pugni nella mia vita. Veramente tanti… Ma
lo rifarei. Perché tutti i pugni che ho preso sono
serviti a far studiare i miei figli…”
Primo Carnera
Anni
30.
Un gigante di oltre due metri di statura diventa una delle
più sorprendenti leggende della storia dello sport.
Il suo nome è Primo Carnera, ma tutto il mondo lo conosce
come “La Montagna che cammina”.
Nato a Sequals, un piccolo paese del Friuli, nel 1906, Carnera
emigra giovanissimo in Francia, a Le Mans, per poter sopravvivere
alla miseria che opprime l’Italia di quegli anni. Qui
viene notato dal proprietario di un circo, Paul Ledudal (Paul
Sorvino) che lo convince a trasformarsi in “Juan Lo
Spagnolo, il terrore di Guadalajara” e ad esibirsi come
attrazione. Nel corso delle sue peregrinazioni, il circo di
Ledudal arriva ad Arcachon, un paese nel sud della Francia.
Qui vive l’ex campione francese dei pesi massimi, Paul
Journée. È lui a notare il gigante e a segnalarlo
al più famoso manager di boxe di quei tempi: Léon
Sée (F. Murray Abraham). Sotto la guida esperta e spregiudicata
di Sée, Carnera realizza un sogno ritenuto impossibile:
nel 1933, al Madison Square Garden di New York, la “Montagna
che cammina” sconfigge Jack Sharkey e conquista il titolo
mondiale dei pesi massimi.
La storia che noi raccontiamo è la storia di un gigante
che credeva fortemente in alcuni valori: la sacralità
della famiglia, l’attaccamento alla propria terra e
alle proprie radici, la capacità di sacrificare se
stessi perché i propri figli possano avere un avvenire
migliore, la forza di volontà nell’inseguire
un sogno ritenuto impossibile, la consapevolezza che una sconfitta
è tale solo se si rimane a terra. Non è sconfitta
quando ci si rialza e si riprende a combattere.
Il film sulla “Montagna che Cammina” rappresenta
la più gigantesca operazione di post-produzione mai
effettuata in Europa: 1500 inquadrature digitali e 20 mesi
di lavoro al computer per ricostruire le grandi arene del
passato: la Wagram Hall di Parigi, la Royal Albert Hall di
Londra, il Madison Square Garden e il Garden Bowl di New York,
cui si aggiunge un complesso lavoro di “crowd replication”
(moltiplicazione di folla) mai effettuato prima in Italia,
che ha consentito la creazione di folle composte da migliaia
di persone.