1984. L’ URSS
è ormai agli sgoccioli. La fine dell'era sovietica
è imminente. All’orizzonte si avvistano le prime
luci della tanto attesa Perestroika. Eppure una sperduta cittadina
di provincia viene sconvolta da un brutale assassinio. E poco
lontano la giovane figlia del segretario distrettuale del
partito comunista scompare. Entrambe le indagini vengono affidate
al capitano di polizia Zhurov che nasconde più di un
terribile segreto...
Cargo-200 è la storia
di una catastrofe personale: del regista, portavoce di un
passato sconosciuto ma tragicamente reale, e di tutto un popolo,
quello russo, ancora troppo immerso nella tragedia e nella
violenza per potersi permettere il lusso di passare a nuova
vita. Ritratto delirante e crudo di un universo atrocemente
vero (il film è tratto da una vicenda realmente accaduta)
che fa sì riferimento ad un passato lontano ma che
non può esimersi dalla inesorabile condanna della memoria.
Amara e personalissima riflessione sul proprio Paese di un
autore senza remore che da sempre ha fatto del cinema (Cargo-200
è il suo undicesimo lungometraggio) l’arma più
tagliente per descrivere il mondo che lo circonda. Qui più
che mai Balabanov riesce ad essere incisivo. Ancora più
che in “Brother”, uno dei suoi film più
famosi. Ancora più che in “Mosca cieca”.
E forse perché parla di sé. Lo spietato Zurov
è lo stesso Balabanov. Fa parte dello stesso tempo,
dello stesso mondo, dello stesso orrore. Quasi una sorta di
tributo ad un’epoca in cui era giovane e in cui ha vissuto
pur essendo a conoscenza del putrido letame che si celava
sotto una gelida parvenza di serenità. In questo senso
una sorta di film storico. Secondo alcuni manuale d’archivio
da far studiare a scuola se non fosse per il limite d’età.
Il paradosso vuole che si possa morire a 18 anni per la patria
(come succede al giovane paracadutista Gobrunov e ai suoi
coetanei che al ritorno della salma prendono in massa il suo
posto nell’aereo appena atterrato) ma che un film come
questo che mostra appieno la realtà della guerra e
degli atroci strascichi che ne derivano venga vietato ai minori
di 18 anni. E abbiamo forti dubbi che riesca a trovare una
distribuzione al di fuori della Russia. Cargo-200
è un termine militare utilizzato per descrivere il
carico con i cadaveri spediti a casa dal fronte. Ma il carico
del titolo è anche il peso che attanaglia la gente
di Balabanov e Balabanov stesso. Ciascuno si deve fare carico
del proprio passato. Non esiste ideologia. Non esiste retorica.
Non esiste religione. In grado di sopperire alla vacuità
dei sensi. Mostri si è tutti. Chi ha ucciso in guerra.
Chi ha versato sangue di innocenti. Ma anche chi è
stato a guardare. Chi ha taciuto. Chi si è lasciato
vivere. L’URSS è come un cadavere in putrefazione
(esemplificativa a tale proposito la scena al limite del grandguignol
con i due cadaveri nel letto della ragazza rapita)…Destinato
a diventare polvere. E con essa tutta la sua gente. Solo il
seme delle generazioni future può gettare le basi per
una nuova realtà. Non è buio completo dunque.
Per Balabanov c’è speranza in un futuro migliore.
Ma non senza la presa di coscienza dell’orrore insito
dentro di noi.
Stupefacente quanto agghiacciante (auto)ritratto di una società
votata al nero. Macabro come un thriller venato di inquietante
nostalgia, atto unico da teatro degli orrori. [marco
catola]