Captivity
id.
Regia
Roland Joffe
Sceneggiatura
Larry Cohen, Joseph Tura
Fotografia
Daniel C. Pearl
Montaggio
Richard Nord
Scenografia
Addis Gadzhiev
Costumi
Jennifer Marlin
Musica
Marco Beltrami
Interpreti
Elisha Cuthbert, Daniel Gillies, Pruitt Taylor Vince, Michael Harney, Laz Alonso
Produzione
Captivity Productions, Foresight, Bobby Weisman Cateres, RAMCO
Anno
2007
Nazione
USA
Genere
thriller
Durata
85'
Distribuzione
Filmauro
Uscita
31-08-2007
Giudizio
Media

“In Captivity i protagonisti vivono un costante pericolo fisico e psicologico – racconta il regista Roland Joffe – L’azione si svolge interamente in una cella e questo fa sì che il coinvolgimento dello spettatore nella sofferenza dei personaggi aumenti insieme alla paura per la loro sorte. Essere rapiti è di per sé spaventoso, ma essere rapiti da uno psicotico intelligente e ossessivo è assolutamente terrificante… Volevo che Captivity fosse, veloce, costantemente emozionante e spaventoso.” Operazione riuscita per 1/3. Contando che il film dura SOLO 85 minuti, vi lascio indovinare a quale terzo mi riferisca.
Jennifer Tree è un’icona della moda. Prigioniera nelle immagini che tappezzano autobus, metro e palazzi di New York. Sicura, determinata, nulla sembra scalfire le sue sicurezze, quando un giorno senza sapere come e perché si ritrova chiusa in una stanza scura, appena resa familiare da effetti personali che qualcuno ha prelevato dal suo appartamento. Nessuna certezza fatta eccezione per la consapevolezza di non essere completamente sola. Qualcuno infatti la osserva attraverso un sistema di telecamere e interagisce con lei attraverso biglietti e prove di resistenza ai limiti della sopportazione. L’isolamento sembra farsi meno opprimente quando al di là di un vetro annerito scopre che qualcun altro è tenuto prigioniero…
Trama ridotta all’osso, e non è solo un modo di dire, per il ritorno al cinema di Roland Joffe, regista che dopo un promettente avvio di carriera con Urla nel silenzio e Mission si è poi adagiato su prodotti commerciali ed imperfetti come La lettera scarlatta e Super Mario Bros (regista non accreditato).
Con Captivity, Joffe debutta nel minato campo del thriller venato da risvolti orrorifici, scritto dal mediocre Larry Cohen, incapace di un minimo di originalità creativa tanto da essere costretto a rubare a destra (Saw) ed a sinistra (Hotel) per mettere insieme uno straccio di struttura narrativa che punta su una estetica estrema tanto da non negare nulla alla visione dello spettatore: primissimo piano su un’estrazione con pinza di un molare; un frappé di interiora e occhi umani fatto deglutire a forza alla sfortunata protagonista. Ma come un sufflè cotto troppo velocemente, il film si sgonfia velocemente, ricadendo su se stesso ed inciampando su colpi di scena telefonati e facilmente anticipabili da un pubblico minimamente smaliziato come quello per cui il film è stato pensato. Unico elemento di interesse, puramente estetico invero, la presenza nel ruolo di protagonista di Elisha Cuthbert (vista in 24 per i cultori dei serial), dotata di presenza fisica ed assenza artistica, che ben si accompagna allo sfortunato compagno di prigionia lo stoccafisso Daniel Gilles, già ammirato (?) in Spiderman 2 e Matrimoni e pregiudizi. [fabio melandri]