Negli
sconfinati spazi del paesaggio mongolo, una famiglia nomade
composta da cinque persone, conduce una vita lontana dalla
civilizzazione, in piena armonia con la natura, tra pastorizia
ed allevamento del gregge di pecore. Durante una delle sue
passeggiate, Nansa la figlia più grande, trova in una
caverna un piccolo cane a cui dà il nome di Zachor
(macchia) e decide di portarlo a casa con lei. Il nuovo arrivo
viene però osteggiato dal padre, temendo che il cane,
cresciuto in cattività probabilmente in compagnia dei
lupi, possa attirare proprio questi e mettere in pericolo
il gregge, fonte di sussistenza della famiglia. Ben presto
l’animale diviene inseparabile compagno della famiglia
e lo stesso capo famiglia avrà occasione di riconsiderare
la sua posizione.
Il cane giallo della Mongolia
è il secondo film, primo in solitaria, di Byambasuren
Davaa (La storia del cammello che piange)
ed esame di diploma alla Scuola di Cinema di Monaco, in un
riuscitissimo mix tra sguardo documentaristico e messa in
scena cinematografica (con uso di carrelli, dolly e steady-cam).
Il film affonda le sue radici nella tradizione orale mongola
(La favola del cane giallo); si nutre dei ricordi e dei volti
di una vera famiglia nomade che si è prestata a farsi
accompagnare, per due mesi della loro vita, da una troupe
cinematografica che ha vissuto in simbiosi con loro il lavoro,
i riti e le tradizioni della cultura mongola; ci racconta
il cambiamento attualmente in corso in Mongolia, con la crescente
urbanizzazione e la conseguente scomparsa della tradizione
nomade.
Un film che ha il ritmo placido della vita che scorre seguendo
i ritmi ed i capricci di madre natura, che mostra ancora quanto
sia possibile in angoli reconditi del nostro mondo vivere
ancora in perfetta simbiosi con la natura, una simbiosi fisica
ma principalmente spirituale. Lo status di uomo è solo
una delle forme attraverso le quali l’esistenza umana
si manifesta su questa terra secondo la cultura mongola: in
precedenti vite i componenti della famiglia sarebbero
potuti essere un cane, un cavallo, o altro animale con ricordi
di queste vite precedenti che ci accompagnano durante il periodo
adolescenziale. Di conseguenza massimo rispetto per ogni forma
di vita, anmale o vegetale che sia.
Ma il cane giallo della Mongolia è anche un prezioso
documento antropologico in cui apprendiamo le diverse fasi
del ciclo di lavorazione del latte (la mungitura della mucca;
l’uso della ruota del carro a mo’ di torchio per
spremere l’acqua dal formaggio; il taglio dello stesso
tramite uno spago; l’essiccazione delle fette al vento),
la demolizione della capanna prima della transumanza verso
i pascoli invernali e le conseguenti cerimonie di ringraziamento
al pezzo di terra che ha ospitato la famiglia nei mesi estivi
e le scuse per i “timbri”, le impronte lasciate
sul suolo dalle tende.
Un piccolo gioiello di racconto, completato da un cast di
non attori assolutamente convincente quando commuovente nei
suoi componenti più piccoli, per una storia apparentemente
fuori dal tempo ma ambientato nell’anno del Signore
2004. [fabio
melandri]
La favola del cane giallo
(tradizione mongola)
Tanto tempo fa, su questa terra viveva una ricca famiglia.
Aveva una figlia bellissima. Un giorno però ella si
ammalò gravemente. Non c'era medicina che potesse guarirla.
Così il padre decise di chiedere il parere di un saggio.
Il saggio disse:"Avete un cane giallo. E' adirato, dovete
portarlo via." Allora il padre chiese:"Perchè?
Esso protegge noi e il nostro gregge." Il vecchio rispose:"Io
ho setto ciò che dovevo dire, e tu hai saputo ciò
che hai chiesto." Il padre non ebbe il coraggio di uccidere
il cane giallo. Ma per il bene della figlia doveva pur fare
qualcosa. Così lo nascose in una caverna, dalla quale
nessun animale a quattro zampe sarebbe riuscito a uscire.
Ogni giorno gli portava da mangiare, tuttavia un giorno il
cane scomparve. La figlia tornò davvero a stare bene.
Il motivo reale però era che si era innamorata di un
giovane, ed a ogni loro incontro il cane abbaiava. Quando
il cane giallo non ci fu più, i due poterono nuovamente
incontrarsi liberamente.