Bruno
id.
Regia
Larry Charles
Sceneggiatura
Sacha Baron Cohen, Anthony Hines, Dan Mazer, Jeff Schaffer
Fotografia
Anthony Hardwick, Wolfgang Held
Montaggio
Scott M. Davids, James Thomas
Scenografia
Ute Bergk, Britt Woods
Costumi
Jason Alper
Musica
Erran Baron Cohen
Interpreti
Sacha Baron Cohen, Gustaf Hammarsten, Clifford Bañagale,
Chibundu Orukwowu, Chigozie Orukwowu, Josh Meyers
Produzione
Everyman Pictures, Four by Two, Media Rights Capital
Anno
2009
Nazione
USA
Genere
commedia
Durata
81'
Distribuzione
Medusa Film
Uscita
23-10-2009
Giudizio
Media

Sacha Baron Cohen questa volta è Bruno, gay svampito e modaiolo. L'idea è quella del precedente Borat: inserire un personaggio assolutamente sopra le righe in contesti reali e stare a vedere che succede: tra la candid camera e il documentario.
Ma dove Borat aveva la straordinaria capacità di far emergere il peggio dagli interlocutori tanto che il suo assurdo protagonista non era necessariamente quello che ne usciva peggio, Bruno non riesce, se non in qualche momento del film, a schiodarsi davvero dal suo protagonista e a far scoprire nulla di interessante di cosa si nasconda tra le righe del pensiero americano medio.
Certo, l'attrice che non esita ad usare un messicano come sgabello o i genitori disposti alle peggio aberrazioni pur di vedere loro figlio protagonista di uno spot sono forse i momenti più riusciti del film, nel senso detto sopra, ma rimangono scene isolate.
Il film fa ridere, ovviamente, e chi scrive ne è rimasto nell'immediato, colpito positivamente e solo una riflessione successiva lo ha portato a intuire quale potrebbe essere la deriva culturale che una pellicola del genere rappresenta.
Il fatto è che la maggior parte dei comportamenti con cui le vittime di Bruno reagiscono al protagonista sono legittimate dalle circostanze e mai esagerate o degne di essere segnalate.
Più che legittimo è lo scandalo che i discorsi di Bruno circa un bambino scambiato per un lettore mp3 e trattato come un gadget suscitano nel pubblico di un talk show; comprensibile il deciso “Basta, dovete andarvene” di tre cacciatori quando realizzano di esser bersagli di una candid camera triviale; normale la perplessità della gente di fronte al bruttissimo programma che Bruno vorrebbe lanciare.
Partendo dalla presunzione di voler dimostrare l'omofobia nella società occidentale, il film produce invece un personaggio tanto invadente e irritante che la sua omosessualità passa completamente in secondo piano. Il fastidio che lui suscita non è dato dal suo essere omosessuale in una società omofoba, ma di essere una macchietta che ha tutta l'intenzione di dare fastidio. E allora il film non solo è molto lontano dal fine preposto, ma rischia di mancare completamente il bersaglio.
E allora ecco il problema grosso. Il film schernisce anche persone che non lo meriterebbero e questo solo perchè chi impugna la telecamera riesce sempre ad aver ragione di fronte al suo pubblico. Anzi, peggio: la ripresa di un'azione finisce sempre col dare legittimità a quell'azione anche quando questa manca completamente. Il sacrosanto diritto a non voler essere ripresi diventa sempre più nel tempo, viltà imperdonabile e segno inequivocabile di coscienza sporca. Considero questa una deriva allucinante e che certo non riguarda solo il cinema di Sacha Baron Coehn. [davide luppi]