Ispirato
alla storia vera di un giovane studente di college texano
che sparì a Matamoros, Messico, nel 1989. Tre studenti
americani, Ed, Henry e Phil, decidono di passare un week-end
in Messico. Qui però si troveranno invischiati in una
setta che pratica sacrifici umani.
Note
di produzione
L’episodio ispiratore
Sia il
regista Zev Barman che il produttore Lauren Moews ricordano
vividamente il giovane studente di un college texano che sparì
a Matamoros, Messico, nel 1989 circa. Berman era nel mezzo
di un viaggio-odissea estivo attraverso il paese con due compagni
e aveva appena attraversato il confine degli Stati Uniti per
andare in Messico, quando furono fermati bruscamente da un
posto di blocco armato. I tre amici stavano guidano uno strano
pulmino VW, decorato con dei ninnoli vodoo di New Orleans,
“e gli ufficiali andarono fuori di testa quando videro
il teschio di alligatore che pendeva dallo specchietto retrovisore”
ricorda Berman. “Poi videro la zampa di gallina, le
polverine magiche e tutte le altre cose che avevamo raccolto.
Fummo obbligati a scendere dal camioncino da diversi ufficiali
armati di mitragliatrici e messi contro un muro. Volevano
sapere se eravamo adepti di sette sataniche. Eravamo terrorizzati,
e dovemmo dichiarare che eravamo solo poveri studenti. Dopo
che, malvolentieri, ci lasciarono andare, scoprimmo che uno
studente di college era scomparso sul confine sotto circostanze
sospette, e che noi c’eravamo imbattuti in un’enorme
caccia all’uomo organizzata per trovarlo”. Berman
seguì la storia per molti mesi poiché essa cominciò
ad attirare l’attenzione nazionale. Un cartello della
droga fu scoperto a Matamoros, un gruppo che in apparenza
compiva sacrifici umani come mezzo per benedire e proteggere
i loro trasporti di droga. Il cartello si era schierato con
un prete di Palo Mayombe, e quest’uomo aveva ordinato
il rapimento di uno studente, per usarlo in un rituale primitivo,
che culminava con la sua morte. Incredibile, ma l’orribile
evidenza dimostrò che era così: vennero ritrovati
diverse zone di sepoltura, con corpi smembrati, calderoni
rituali pieni di capelli umani, Berman fu sconvolto dal sapere
che la storia era vera; “Più di tutto”
Berman realizzò “quel ragazzo avrei facilmente
potuto essere io!”. Ci mettevamo in ogni genere di problema,
e credevamo sempre che niente del mondo esterno potesse toccarci.
Eravamo invincibili”. Moews aggiunge “Il mio ragazzo
era là, facendo festa con il resto dei ragazzi del
college. Tutti andavano a divertirsi a Padre Island o a Matamoros.
Il rapimento di quel ragazzo era una storia veramente spaventosa.
Eravamo tutti scioccati. Si riesce ad immaginare qualcosa
di più terrificante?”.
La
sceneggiatura
Anni fa,
Berman sentì che era giunto il momento di scrivere
un film interessante, basato sui numerosi episodi accaduti
sul confine messicano. Non riesco a togliermi la sensazione
che la nostra realtà sia carta sottile, che il terrore
sia poco lontano da noi, semplicemente non puoi vederlo. Credo
molto nella frase di Sartre “L’inferno sono le
altre persone”. C’è qualcosa che riguarda
le storie dell’orrore basate sulla natura umana, che
ferisce nel profondo come niente altro. Se credi in quel mondo,
nei personaggi, allora l’horror ti assesta un colpo
molto più forte”. Berman è stato presentato
allo sceneggiatore Eric Poppen e i due lavorarono insieme
all’idea. Insieme svilupparono il racconto dall’inizio.
Poppen spiega “Abbiamo avuto un paio di false partenze,
e abbiamo finito per riprendere la storia da capo, rendendola
più semplice. Più semplice diventava, più
era terrificante. Quando drammatizzi un culto, è facile
cadere nel territorio di Indiana Jones, e abbiamo prestato
molta attenzione per non finire lì”. Berman aggiunge,
“L’autenticità era estremamente importante
per quello che stavamo facendo. Durante la produzione, abbiamo
avuto come consulente un prete di palo Mayombe, che aveva
registrato alcuni rituali privati per me. Il ragazzo era seduto
in un garage, indossando un cappellino da baseball girato
al contrario, e stava svolgendo questi tagli rituali con lame
di rasoio ai seguaci in vestito bianco. Affascinante. Volevo
catturare questa ordinarietà in ciò che stavano
facendo. Più lo rendevamo quotidiano, più faceva
venire i brividi. Decisi che il culto avrebbe dovuto essere
condotto indossando jeans sporchi, t-shirts, magliette a quadretti
e stivali da lavoro. Avrebbero dovuto sembrare persone regolari,
lavoratori dei campi. In un modo sottile stavamo cercando
di porre l’attenzione sul fatto che questo genere di
cose succedono proprio vicino a noi, con persone “normali”.
Eravamo interessati ad esplorare la psicologia del culto,
e a portare il terrore nelle case, nel creare una realtà
nella quale specchiarsi.
L’abilità di sbagliare è in ognuno di
noi. Perché un gruppo di persone normali dovrebbe seguire
qualcuno come il leader del culto della nostra storia? Credo
che ci siano molte persone fuori di qui che odiano pensare
a loro stesse. Semplicemente aspettano qualcuno di carismatico
che le guidi e che riempia le loro vite con un’idea.
All’inizio pensavamo che il culto avesse adepti solo
tra i lavoratori manuali, ma abbiamo invece scoperto che molti
dei ragazzi erano stati educati in classi medie ed elevate.
Ti fa pensare a Jonestown, e Manson e in particolare a Hitler.
È per questo che menzioniamo Abu Ghraib”.
La messa in scena
Moews
portò il progetto direttamente alla Lions Gate, che
rispose immediatamente. “Peter Block e il suo team sono
stati i nostri angeli custodi fin da quando produssi ‘Cabin
Fever’, ed è stata una relazione lunga e costruttiva”,
dice Moews. La produzione aveva scrutinato i confini da Juarez
a Matamoros, guidando per più di 850 miglia, e alla
fine decise per Tijuana, per la sua atmosfera, intensità
e per la sua vicinanza a Los Angeles. Volevano ritrarre il
confine come un ambiente complesso a più livelli”,
spiega Berman.
“Non è esattamente Messico, non è esattamente
USA. Il confine è in effetti un universo misterioso
e a sé, un melting pot che ribolle di diverse forze,
che rendono il posto allo stesso tempo pericoloso, affascinante,
e bizzarramente poetico. È un crogiuolo che risveglia
il meglio e il peggio delle persone. Immaginavo ambienti come
Casablanca o Chinatown, luoghi che non capisci mai completamente,
dove i pericoli si nascondono, e dove l’aiuto sembra
arrivare dai posti meno probabili. Girare a Tijuana è
stato un sogno. Aveva tutto ciò di cui avevamo bisogno
a livello di location pratiche, scenari che non avremmo potuto
ricreare da nessun’altra parte”.
Casting
A parte
i tre attori principali, statunitensi, il cast di Borderland
è quasi completamente latino. Claudia Becker ha selezionato
i ruoli latini fuori da Città del Messico, mentre la
ricerca più approfondita è stata per i tre attori
maschili. “È sempre eccitante quando hai l’opportunità
di scoprire nuovi talenti” dice Berman. “Ci è
stata data una discreta libertà per selezionare i tre
ragazzi, e non riesco ad immaginare di avere nessun altro
al di fuori degli attori che abbiamo scelto. I ragazzi che
abbiamo trovato incarnavano perfettamente i ruoli. Rider Strong,
che aveva già lavorato con Moews in ‘Cabin Fever’,
si è unito al cast quasi subito, nel ruolo di Phil,
seguito da Brian Presley che interpreta Ed, e da Jake Muxworthy,
il famoso Henry. “Tenete gli occhi aperti su questi
ragazzi in futuro”, dice Moews, “sicuramente li
vedrete ancora”. Sean Astin, fresco da ‘Il Signore
degli Anelli’, è un anti-eroe, interpretando
Randall, il serial killer locale del culto. “Sean era
così eccitato dal recitare la parte di un cattivo”
ricorda Berman. “È riuscito a scatenare in modo
profondo e molto reale il suo lato oscuro. È incredibile
vedere come entra nella parte, ed è una persona così
dolce. Beto Cuevas, il cantante leader del gruppo rock La
Ley, vincitore di un Grammy, interpreta Santillan, la nemesi
del film, ed è il suo primo ruolo in film di major.
“È stato così divertente lavorare con
lui” dice Berman. “C’è un’ovvia
connessione tra essere una rock star e avere il carisma per
guidare un culto. Beto è un talento naturale”.
Il casting a Città del Messico ha prodotto risultati
spettacolari. Alcuni dei migliori attori messicani, incluso
Damian Alcazar (‘Cronicas’, ‘The Crimes
of Padre Amaro’) aderirono al progetto. “Damian
aveva vinto il premio dell’Accademia Messicana due volte
per il suo incredibile lavoro. Siamo stati così fortunati
ad averlo nel ruolo di Ulises. È un maestro”.
Girare
al “confine”…
La produzione
si è sviluppata tra Città del Messico e Los
Angeles. È stata una produzione internazionale, nel
senso più ampio: bilingue, multiculturale, in cui ogni
individuo era coinvolto. “Abbiamo girato nella stazione
della polizia di Tijuana e vi assicuro che ci sono poche cose
più spaventose!” scherza Berman. “Tijuana
è straordinaria. I colori, l’atmosfera! Che ci
crediate o no, non ho parlato molto spagnolo e tutti ti davano
una mano. Sono davvero grato al cast tecnico messicano per
avermi aiutato molto nel superare la barriera linguistica.
Per ultime abbiamo girato le scene di TJ, incluse le location
di Tecate ed Ensenada. Le città ci hanno accolto, la
produzione ha proseguito senza intoppi né difficoltà”.
L’aspetto…
“Avevo
suggerito ad inizio progetto di utilizzare un procedimento
particolare per il film. Lo scopo era quello di avere colori
saturi, contrasti forti contemporaneamente a neri ricchi e
ad una grana perfetta” ci spiega Scott Kevan. ‘Il
confine messicano è una zona già particolarmente
ricca di colori; questa tecnica avrebbe solo drammatizzato
il tutto”. Berman aggiunge “Io e Scott abbiamo
discusso molto su questo punto per cercare di trovare la soluzione
migliore, per creare un film con sensazioni crude, non definite,
grana grossolana, primitiva, imperfetta...Ogni scena deve
essere a servizio della storia e mettere il pubblico al centro
dell’azione”.
Gli effetti
Borderland
ha avuto bisogno di numerosi sforzi per creare effetti visivi
realistici e terrificanti… Greg Nicotero e Howard Berger
della KNB’s, che hanno lavorato a ‘Cabin Fever’
sono stati bravissimi. ‘Non abbiamo avuto bisogno di
cercare altre persone, sapevamo che erano loro due quelli
giusti” dice Moews. È difficile creare un effetto
realistico attraverso il digitale. Crearselo con trucchi ed
effetti sul set stesso permette di dare un peso ed una fisicità
molto più realistica. Credo che il pubblico rimarrà
stupito di quanto sembreranno reali alcune scene. Ci sono
film con particolari molto più crudi, ma il nostro
intento non era avere un riconoscimento per la violenza. Volevamo
che il film fosse il più credibile e terrificante possibile.
Per esempio, abbiamo girato la scena iniziale di tortura,
dal punto di vista soggettivo del poliziotto, aggiungendo
estremo realismo al tutto”.
La Colonna Sonora
“Borderland
è la prima colonna Sonora curate da Andre Levin”
dice Berman orgoglioso. “Levin è un artista di
successo, che combina diversi background artistici ed umani.
Proprio per questo, dire che Andre è un musicista latino
è assolutamente riduttivo. Andre non ha paura di sperimentare
e di continuare a provare finché non ottiene il risultato
che vuole. È stato bravissimo a rendere perfettamente
con le giuste note il terrore profondo, e la bellezza ed il
mistero della vita di confine...”.