|
Anno
2012
Nazione
Italia
Genere
drammatico
Durata
104'
Uscita
04/03+2013
distribuzione
01 Distribution |
Regia |
Giacomo
Campiotti |
Sceneggiatura |
Fabio
Bonifacci, Alessandro D'Avenia |
Fotografia |
Fabrizio
Lucci |
Montaggio |
Alessio
Doglione |
Scenografia |
Paola Bizzarri |
Costumi |
Gemma
Mascagni |
Musica |
Andrea Guerra |
Produzione |
Lux Vide, Rai Cinema |
Interpreti |
Filippo
Scicchitano, Aurora Ruffino, Gaia Weiss, Luca Argentero |
|
Leo (Filippo
Scicchitano) è un adolescente fin troppo vivace, con
poca voglia di studiare e interessato solo al calcetto e a
Beatrice (Gaia Weiss), compagna di scuola di un anno più
grande a cui non ha neppure il coraggio di rivolgere la parola.
Avvicinarsi a lei e al suo imprevedibile dramma farà
crescere improvvisamente Leo e gli farà riconsiderare
gli affetti e le amicizie di cui è circondato e soprattutto
i valori che hanno guidato la sua esistenza.
Per portare sullo schermo il caso editoriale di Alessandro
D'Avenia ci si è affidati ad una messa in scena che
ricalca mille altri film giovanili, con interpreti non troppo
(s)conosciuti (Scicchitano era l'adolescente problematico
di “Scialla”),
un buon ritmo e un' ambientazione torinese più luminosa
del solito. La differenza questa volta la fa la trama, che
dopo una mezz'ora di ordinario travaglio da teenager affonda
nel dramma, sperando di trascinare verso le lacrime lo spettatore,
facendo leva sulle canzoni dei Modà e in generale su
quella sorta di “terrorismo del dolore”, che andrebbe
sempre usato con molta cautela.
È vero, qui come nella vita, la sofferenza è
una porta verso la crescita, ma passare da una puntata dei
Cesaroni a “Autumn in
New York” nel lasso di cinque minuti
rischia di mettere a dura prova la coerenza della narrazione.
A fare da collante, dovrebbe pensarci quello che è
al contrario uno dei problemi più devastanti del cinema
italiano (sì, forse più dei finanziamenti scriteriati
e dell'autoreferenzialità): la voce fuori campo. Era
dai tempi di Babi e Step in fuga verso Ponte MIlvio che non
si ricordava un contrappunto più invadente e fastidioso,
che pretendesse di spiegare tutto con parole “giovani”
(anche la dicotomia bianco/rosso del titolo, che purtroppo
prende spunto da Calvino) come se, in barba a qualsiasi buon
manuale di sceneggiatura, lo spettatore andasse continuamente
guidato e attirato e non debba mai essere in grado da solo
di seguire una storia.
Per fortuna, alla fine il tutto mostrerà una luce positiva
e ci sarà addirittura modo di parlare di energia pulita
e di donazione del midollo. Il merito sarà della migliore
amica di Leo, da sempre segretamente innamorata di lui, della
sua simpatica famiglia, ma soprattutto di un supplente di
Italiano (Luca Argentero) che, memore della lezione della
“Setta dei poeti estinti”, saprà trovare
parole nuove per spiegare l'attualità del messaggio
d'amore nella “Vita nova” di Dante. Ecco, il nostro
più grande poeta salvato da Luca Argentero: come sopra,
talvolta basta un niente per sprofondare di nuovo nel dramma.
[emiliano duroni]
|