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Anno
2012
Nazione
USA
Genere
azione
Durata
131'
Uscita
25/10/12
distribuzione
Universal Pictures |
Regia |
Oliver
Stone |
Sceneggiatura |
Shane
Salerno, Don Winslow, Oliver Stone |
Fotografia |
Dan
Mindel |
Montaggio |
John
Hutshing, Suart Levy, Alex Marquez |
Scenografia |
Thomàs
Voth |
Costumi |
Cindy
Evans |
Musica |
Adam Peters |
Produzione |
Universal
Pictures, Relativity Media |
Interpreti |
Taylor
Kitsch,
Blake Lively,
Salma Hayek,
Aaron Johnson,
John Travolta,
Benicio Del Toro |
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Chon e
Ben sono i due pusher di marijuana più ricchi della
California: convivono in una splendida villa sull'oceano e
condividono la bella O (Blake Lively), che ama nella stessa
misura tutti e due.
Chon ( Taylor Kitsch) è un reduce dalle missioni di
pace che ha visto troppi action movie e quando qualcuno non
accetta le sue condizioni non esita a tirare fuori coltello
o pistola; Ben (Aaron Johnson) è l'alter ego sensibile,
troppo influenzato dai blog di cultura alternativa, così
da credere che per cambiare il mondo basti piantare qualche
pannello solare e qualche depuratore in giro per il mondo;
la ragazza ha semplicemente letto troppi libri con troppe
“sfumature” di colori e pensa che sia trasgressivo
affermare fuori campo che ha bisogno di avere due partner
differenti per soddisfare appieno il corpo e lo spirito (così
recita più o meno la sceneggiatura).
Tutto procederebbe per il meglio se un cattivissimo cartello
di trafficanti messicani capitanato da una spietata donna
(Salma Hayek) non avesse deciso di mettere le mani sulla torta
dei ragazzi, con le buone o con le cattive, addirittura sequestrando
la generosa O. Inutile dire che per trovare una soluzione
bisognerà che qualcuno si faccia male.
Avevamo lasciato Oliver Stone a rileggere le paure e le nevrosi
della finanza senza scrupoli riprendendo i personaggi e gli
ambienti di più di vent'anni prima in “Wall
Street – Il denaro non dorme mai”
con una certa appropriatezza ed ora lo ritroviamo a ravvivare
quel cinema rumoroso ed eclettico che nel bene e nel male
lo aveva reso celebre intorno agli anni '90 (“Assassini
nati”, “U-turn”).
A fugare ogni dubbio, basta guardare i primi tre minuti di
questa ultima opera tratta da un romanzo di successo di Don
Wislow (che è anche co-sceneggiatore) per capire le
intenzioni: una scena di tortura e decapitazioni in un garage
messicano e un patinato amplesso su un divano della costa
occidentale completamente slegati tra loro. Come a dire: sveglia,
sono Oliver Stone e sono tornato alla carica con sesso e violenza.
Purtroppo le restanti due ore deludono completamente qualsiasi
aspettativa in un mare di noia e prevedibilità, colpa
di protagonisti anonimi e debolissimi, di un intreccio annacquato
e rallentato all'inverosimile e uno sconfortante senso di
“già visto”. A questo si aggiunge la frustrazione
per aver impiegato tante risorse a vuoto: tre dico tre montatori
da Oscar, come se aumentando il numero dei batteristi migliorasse
la qualità del ritmo di una canzone, le musiche di
Adam Peters (ex tastierista degli Echo & the Bunnymen)
nella vana speranza di ripetere i miracoli di Trent Reznor
in “Assassini nati”,
interpreti come Benicio Del Toro e Emile Hirsch assolutamente
non sfruttati a dovere nei ruoli di contorno (a cui va aggiunta
Uma Thurman tagliata del tutto in fase di montaggio e nei
titoli).
Il colpevole principale resta Oliver Stone, convinto che parlare
dell'attualità della guerra e della legalizzazione
delle droghe leggere sia una novità, che far ricattare
via Skype garantisca modernità alla storia e che il
trucco di usare a piacere cambi di colore, ralenti, sangue,
scene pulp, omaggi al western basti da sé, oggi meno
che mai, a scuotere chi guarda.
Unica nota positiva resta l'interpretazione di un John Travolta
imbolsito nei panni di un poliziotto corrotto con moglie malata
terminale e figliolette a carico, simbolo di quell'ambiguità
morale, che oscilla continuamente dal giusto all'osceno, tra
il bene e il male, che fu un punto di forza anche del cinema
di Stone e che qui è assente del tutto ingiustificata.
[emiliano duroni]
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