“Belle
e Sebastien” è una storia di amicizia
che ha commosso i francesi prima, e tutto il mondo poi, da ormai
50 anni. La loro storia ha origine infatti nel 1965 come una
raccolta di novelle scritte da Celine Aubry, diventando poi
una serie televisiva in bianco e nero nel 1967, arrivando fino
al Giappone con la realizzazione animata del 1981, riscuotendo
quindi il successo mondiale.
Oggi diventano i protagonisti della
nuova versione di Nicolas Vanier, che rivisitando l’originale
di Aubry, ne realizza un film delicato e commovente, in un
trittico vincente che unisce un cane, un bambino e lo splendore
della montagna.
Siamo durante la seconda guerra
mondiale, il piccolo Sebastien ha sette anni, non va a scuola
e passa le sue giornate girovagando per i pascoli della montagna
da solo o con il suo pseudo nonno. Quando per caso incontra
la temibile belva, uno splendido e gigantesco esemplare di
pastore dei Pinei, fuggita nelle montagne dopo i continui
maltrattamenti del suo vecchio padrone e ritenuta da tutto
il paese una feroce bestia impazzita. Tra i due nasce così
un’indistruttibile amicizia che farà scoprire
a tutti il carattere premuroso ed affettuoso di Belle.
La storia di amicizia narrata da
Vanier si arricchisce di una dimensione storica molto forte.
L’ambientazione infatti voluta durante la seconda guerra
mondiale con l’occupazione tedesca della Francia, porta
la storia di Belle e Sebastien ad intrecciarsi con quella
dei partigiani del paese che aiutano gli Ebrei a fuggire dai
nazisti attraversando le montagne per raggiungere la Svizzera,
e che troveranno anche in Belle e Sebastien dei validi aiutanti.
La montagna è protagonista
indiscussa del film insieme a Belle e Sebastien, grazie soprattutto
all’attenzione ed all’amore del regista nel rappresentarla
nel suo massimo splendore e completezza. Per Vanier, impegnato
ormai da 25 anni nel raccontare la montagna e nella diffusione
dell’educazione ambientale, era essenziale rappresentare
quel mondo esattamente com’era. Lui stesso dichiara:
"Girare il film durante varie stagioni è stata
una scommessa costosa e rischiosa ma non avrei mai potuto
mostrare la montagna solo in inverno o solo in estate: avevo
davvero bisogno di svelare i suoi colori nei vari periodi
dell'anno” e ci riesce magicamente, trasformando il
paesaggio montano in quel mondo incantato e favolistico dove
nasce e cresce la storia di amicizia tra le più belle
mai narrate.
[maria mineo]