Cosa accadrebbe se le api scoprissero che gli uomini consumano
abitualmente e senza fatica quello che loro producono ammazzandosi
di lavoro da milioni di anni?
L’interrogativo su cui si tormentava un personaggio
dickensiano in Casa Desolata
ha ispirato l'ultima commedia animata della Dreamworks diretta
concorrente di Walt Disney e della Pixar, nata, sviluppata,
diretta e interpretata da quel genio misconosciuto in Italia
di Jerry Seinfeld, per molti aspetti simile a Woody Allen.
Autore televisivo dei più estroversi, è diventato
una celebrità grazie a una sitcom intitolata a suo
nome. Seinfeld ebreo newyorchese ha un gusto per l'ironia
e per il sarcasmo che ben si adatta all'umorismo dei prodotti
della casa di Spielberg.
In un alveare a Central Park il destino di un'ape dopo tre
giorni di studi universitari è di entrare nella fabbrica
del miele in cui è costretta a rimanerci a vita come
il resto dei suoi simili. Barry B. Benson si rifiuta di compiere
una scelta che lo condizionerà tutta la vita. Fuori
dell'alveare c'è un mondo intero da scoprire, un mondo
di fiori, profumi e colori fantasmagorici. E soprattutto ci
sono gli esseri umani. La prima regola per un'ape è
di non parlare con loro; gli uomini sono il nemico e se si
azzardano a pungere anche solo uno, le loro forze sono così
deboli che ne morirebbero. Infischiandosene dei rischi che
corre e mosso dalla curiosità e dall'entusiasmo di
provare le eccitanti esperienze che la vita gli offre in alternativa
al lavoro ripetitivo e alienante, Barry si unisce ai fuchi,
gli unici che hanno il permesso di volare fuori dell'alveare
per raccogliere il miele dai fiori. I fuchi sono atletici,
robusti e attirano le voglie delle api femmine. Per un'ape
normale come Barry diventare un fuco è il massimo a
cui può aspirare. Nella prima spedizione Barry però
attraverso una serie di peripezie e di coincidenze finisce
per diventare il miglior amico di Vanessa una bella fioraia
di Manhattan. E qui trasgredisce al primo comandamento per
poi capire che superare le convenzioni sociali non solo è
divertente ma ti fa capire la differenza tra il bene e il
male. Barry è fuori di sé dalla gioia e mentre
viene guardato con sospetto dalla sua comunità scopre
con suo grande orrore e frustrazione che gli uomini rubano
il miele alle api per mangiarlo e farci soldi a palate. Vanessa
aiuta Barry a investigare sul modo con cui gli uomini trafugano
il miele e salta fuori che esistono aziende che imprigionano
i piccoli insetti in alveari fittizi per sfruttarli e lucrarci
sopra. A Barry non resta che intentare una causa fantascientifica,
dove la Natura mette sotto processo l'uomo per tutto ciò
che ha perpetrato ai suoi danni. E come in tutte le favole,
anche questa commedia sarcastica e feroce, si trasforma in
una metafora ecologista, perdendo per strada lo smalto e la
brillantezza della prima mezz'ora.
Lo spunto iniziale è fenomenale e genera un conflitto
di grande potenzialità e riguarda temi morali suggestivi
e profondi. La tecnica in 3D ha raggiunto passi enormi, basti
pensare alla sequenza in cui milioni di api fanno atterrare
un aereo, oppure a quelle ambientate nell'alveare, una sorta
di Metropolis per gli insetti, una città utopistica
dove ogni ingranaggio funziona meravigliosamente, dove le
api usano il miele come carburante per le loro macchinine
scattanti e dove l'individuo è annullato in una visione
meccanicistica della vita. E più che un apologo sui
rapporti tra uomo e Natura, sembra una favola newyorchese
di stampo alleniano, un omaggio alla Grande Mela, l'unica
città al mondo dove tutto è possibile, dove
una fioraia può fare amicizia con un'ape tenera e gentile
e salvare la terra da una catastrofe ambientale. Già,
perché a forza di difendere la Natura e di attaccare
l'uomo Benson si dimentica che della Natura fa parte anche
l'uomo che nel bene e nel male senza la sua presenza, tutto
va in rovina e muore.
L'ape saputella e indignata si deve ricredere e senza troppi
sforzi riesce a ristabilire l'ordine e ad accettare quello
che all'inizio aveva rifiutato, cioè l'idea che l'omologazione
possa annichilire l'individuo. Il ritmo è incalzante,
le immagini sono seducenti e possiedono una forza incredibile,
la struttura drammaturgica è valida e non sbaglia una
virgola, ma forse quello che manca è l'aspetto ingenuo
e infantile. Manca il sogno in una parola, e viene il dubbio
che una storia del genere poteva benissimo essere raccontata
da attori in carne e ossa, dal momento che tutto si riduce
ad una commedia di ambientazione processuale.
[matteo cafiero]