L’ispirazione,
perché non si tratta di un remake, è Quel
maledetto treno blindato firmato da Enzo Castellari,
divertitevi a scovare il suo cameo nel film di Tarantino,
nel 1978. Il risultato è Bastardi
senza gloria, ovvero Inglorious Basterds, errori ortografici
voluti e cercati.
Il pregio di Tarantino è quello di non rifare mai un
film uguale a se stesso, sperimenta, ricicla, omaggia il cinema
tout court, copiando generi e sottogeneri per riproporli alla
sua maniera, contaminandoli tra di loro, donandogli una scrittura
sempre nuova, post-moderna, brillante nei dialoghi, ritmica
nell’azione, sanguigna nella realizzazione.
Bastardi senza gloria non esce
da questo tracciato, ma anzi sembra elevarlo alla massima
perfezione, tanto da considerare questa come una delle migliori
opere del regista americano, alla pari di Pulp
Fiction e Jackie Brown.
Tanto ci aveva poco convinto con Kill
Bill, tanto ci ha conquistato con questi bastardi ebrei,
catapultati in mezzo alle linee nemiche nella Francia occupata
dai nazisti, in cerca di scalpi tedeschi da offrire al loro
Tenente Aldo Raine, un convinto e convincente Brad Pitt.
Ma come ogni film di Tarantino, il punto di forza del film
è la coralità del suo cast artistico, suggellato
da una produzione che voleva che gli interpreti fossero originari
dei paesi di appartenenza dei personaggi. Così accanto
agli americani Brad Pitt, Eli Roth (occhio a costui, chi poteva
interpretare il sanguinario Donny Donowitsz che uccide i nazisti
a colpi di mazza da baseball se non il regista di Cabin
Fever ed Hostel), troviamo
la francese Mélanie Laurent, i tedeschi Sylvester Groth
e Martin Wuttke rispettivamente nei ruoli di Goebbels e Hitler,
la tedesca Diane Kruger nel ruolo della spia tedesca Briget
Von Hammersmark e Christopher Waltz, austriaco nei panni del
Colonnello Landa. Il tutto si traduce sullo schermo in un
poliglottismo assai interessante, che funge da snodo narrativo
in alcune fasi, in gag comiche in altre, per la cui ragione
si consiglia vivamente la visione del film in lingua originale.
Diversi i meriti della pellicola. Alfred Hitchcock sosteneva,
a ragione, che più riuscito è il cattivo, più
riuscito sarà il film. Bastardi senza gloria fa sua
questa lezione. Si perché l’ottima riuscita dell’opera
filmica deve moltissimo alla figura del cacciatore di ebrei
il Colonnello Landa, interpretato da un mefistofelico Christopher
Waltz, premiato giustamente a Cannes come miglior attore.
Un personaggio dotato di classe, cultura, malizia, fascino
indiscutibile condito da una cattiveria mefistofelica, una
progettualità lucida, fredda e calcolata, che lo rende
uno dei personaggi cattivi più memorabili della storia
del cinema, alla pari dello Jago interpretato da Micheàl
McLiaoir nell’Otello di
Orson Welles.
Fino ad oggi consideravamo Quentin Tarantino un ottimo sceneggiatore,
un eccellente dialoghista, ma solo un discreto regista. Con
questa ultima opera il regista americano ci regala almeno
due sequenze che sono una lezione di regia, per direzione
d’attori, cura del dettaglio, costruzione della suspense,
ritmo di narrazione. Occhio quindi al prologo del film, alla
sequenza in cui il Colonnello Landa cerca di convincere un
contadino francese a passargli alcune informazioni su una
famiglia ebrea sparita misteriosamente nel nulla. Un duello
tutto verbale, sottolineato dalle musiche di Morricone che
riecheggiano quelle immortali della trilogia del dollaro,
che è un altissimo pezzo di cinema. Oppure la sequenza
dell’osteria in cui si ritrovano per errore una gruppo
di soldati tedeschi ed un gruppo di “bastardi”.
Una sequenza di suspense che sarebbe piaciuta a Sir Alfred.
Una pellicola che al di la di quanto detto non va spiegata
o svelata ulteriormente, per non rovinare il divertimento,
le numerose sorprese, i continui rimandi e citazioni, di cui
il film si compone, lasciando allo spettatore la gioia di
scoprire e vivere il film così come lo abbiamo scoperto
noi. Un Tarantino al 100% per un divertimento al 1000%.
[fabio
melandri]