Un bacio romantico
My Blueberry Nights
Regia
Wong Kar Wai
Sceneggiatura
Wong Kar Wai, Lawrence Block
Fotografia
Darius Khondji
Montaggio
William Chang Suk Ping
Scenografia
William Chang Suk Ping
Costumi
William Chang Suk Ping, Sharon Globerson
Musica
Ry Cooder
Interpreti
Norah Jones, Jude Law, David Strathairn, Rachel Weisz, Natalie Portman, Chan Marshall
Produzione
Chan Ye Cheng, Jacky Pang Yee Wah
Anno
2007
Nazione
Hong Kong, Cina, Francia
Genere
drammatico
Durata
111'
Distribuzione
BiM Distribuzione
Uscita
28-03-2008
Giudizio
Media

Dopo la dolorosa rottura di una relazione, Elizabeth, la cantante Norah Jones al debutto cinematografico, parte per un viaggio attraverso l’America. Si lascia alle spalle un bagaglio di ricordi, un sogno e un nuovo amico (il proprietario di un caffè interpretato da Jude Law) e va in cerca di una cura per il suo cuore spezzato. Durante il viaggio, Elizabeth lavora come cameriera e fa amicizia con diversi clienti - fra i quali un poliziotto tormentato (David Strathairn) e sua moglie che l’ha lasciato (Rachel Weisz), e una sfortunata giocatrice d’azzardo (Natalie Portman) con un grosso debito da saldare. Attraverso questi nuovi incontri Elizabeth arriva a conoscere i veri abissi della solitudine e dell’infelicità umana e capisce che il viaggio rappresenta solo l’inizio di una completa esplorazione del proprio io.
"A volte ci può essere poca distanza fisica tra due persone, ma la distanza emotiva può essere enorme. Un bacio romantico parla di queste distanze, analizzandole da punti di vista diversi. Ho voluto esplorare queste distese, sia in senso figurato che in senso letterale, e la strada che bisogna percorrere per venirne a capo." Così definisce il suo debutto americano, il regista Wong Kar-Wai (Hong Kong Express, Angeli perduti, Happy Together, In the Mood for Love, 2046). Un nuovo capitolo prosegue del suo viaggio all’interno dei sentimenti umani, delle emozioni e delle passioni che muovono e giustificano le nostre esistenze.
Personaggi ridotti all’osso, struttura narrativa essenziale e declinata all’intento poetico del regista, dialoghi da melodramma d’altri tempi e stile che ricalca in immagini in movimento quelle fisse del pittore americano Edward Hopper. Spazi reali ma al contempo metafisici, composizione geometrica dell’inquadratura, un sofisticato gioco di luci, taglienti, pastose e volutamente artificiali, estrema sintesi nei dettagli sono gli elementi che li accomunano. Scene asciutte, quasi sempre deserte, in cui i personaggi sono elementi con cui costruire un forte effetto straniante, dove solitudine e incomunicabilità emergono con cristallina chiarezza.
Lo stile sin troppo didascalico del regista non aiuta un processo autoriale che film dopo film sembra girare sempre più a vuoto su se stesso, creando una frattura tra regista spettatore che oggi appare insanabile. Fino a prossima smentita. [fabio melandri]