Dopo
la dolorosa rottura di una relazione, Elizabeth, la cantante
Norah Jones al debutto cinematografico, parte per un viaggio
attraverso l’America. Si lascia alle spalle un bagaglio
di ricordi, un sogno e un nuovo amico (il proprietario di
un caffè interpretato da Jude Law) e va in cerca di
una cura per il suo cuore spezzato. Durante il viaggio, Elizabeth
lavora come cameriera e fa amicizia con diversi clienti -
fra i quali un poliziotto tormentato (David Strathairn) e
sua moglie che l’ha lasciato (Rachel Weisz), e una sfortunata
giocatrice d’azzardo (Natalie Portman) con un grosso
debito da saldare. Attraverso questi nuovi incontri Elizabeth
arriva a conoscere i veri abissi della solitudine e dell’infelicità
umana e capisce che il viaggio rappresenta solo l’inizio
di una completa esplorazione del proprio io.
"A volte ci può essere poca distanza fisica tra
due persone, ma la distanza emotiva può essere enorme.
Un bacio romantico parla di queste
distanze, analizzandole da punti di vista diversi. Ho voluto
esplorare queste distese, sia in senso figurato che in senso
letterale, e la strada che bisogna percorrere per venirne
a capo." Così definisce il suo debutto americano,
il regista Wong Kar-Wai (Hong Kong Express,
Angeli perduti, Happy
Together, In the Mood for Love,
2046). Un nuovo capitolo prosegue
del suo viaggio all’interno dei sentimenti umani, delle
emozioni e delle passioni che muovono e giustificano le nostre
esistenze.
Personaggi ridotti all’osso, struttura narrativa essenziale
e declinata all’intento poetico del regista, dialoghi
da melodramma d’altri tempi e stile che ricalca in immagini
in movimento quelle fisse del pittore americano Edward Hopper.
Spazi reali ma al contempo metafisici, composizione geometrica
dell’inquadratura, un sofisticato gioco di luci, taglienti,
pastose e volutamente artificiali, estrema sintesi nei dettagli
sono gli elementi che li accomunano. Scene asciutte, quasi
sempre deserte, in cui i personaggi sono elementi con cui
costruire un forte effetto straniante, dove solitudine e incomunicabilità
emergono con cristallina chiarezza.
Lo stile sin troppo didascalico del regista non aiuta un processo
autoriale che film dopo film sembra girare sempre più
a vuoto su se stesso, creando una frattura tra regista spettatore
che oggi appare insanabile. Fino a prossima smentita. [fabio
melandri]