Davvero
un bel film, questo di Ken Loach. Chi si aspetta l'ennesima pellicola
a sfondo "politico", dove questa parola sia usata come un
mero termine tecnico, può rimanere deluso. Ma Loach è
un regista, non un capo di partito, ed ha il diritto di raccontare
quel che vuole (ed il dovere di farlo bene!) e comunque si può
far "politica" in tanti modi, anche raccontando una storia
d'amore.
L'intensità, la verità, con cui il regista è
riuscito a raccontare questa storia interrazziale, ed ancor più
interculturale sono commuoventi; in particolar modo nel trattare l'amore
come "problematico", né tragico né comico,
con elementi variegati e multiformi. Il sentimento ci viene presentato
come una determinante potentissima, che per forza di cose altera equilibri
precostituiti, costringe a decisioni drammatiche quanto necessarie,
e lascia inevitabilmente dietro di se' una scia di malumori, incomprensioni,
piccoli e grandi drammi.
Mostrare un finale "congelato" in un attimo in cui tutto
sembra essere irrisolto, soprattutto nelle dinamiche familiari del
protagonista, sta a significare che non possono esserci facili soluzioni,
o forse che non ci sono vere soluzioni tout court. La stessa scena
finale con i due innamorati ha un tale tasso di leggerezza e ironia
del linguaggio, che la rende inafferrabile ad un tentativo di lettura
definitiva, anche se la pace in extremis ci fa ben sperare.
[matteo lenzi]