Tratto da un racconto
di Alice Munro contenuto nella raccolta Nemico
amico amante, Away from here
– Lontano da lei è la storia di una coppia
che affronta il dramma dell’Alzheimer nei freddi e gelidi
paesaggi del Canada, tra baite di montagna e sterminate distese
di neve dove precipitano e si immergono solitudini e affetti.
Fiona e Grant hanno vissuto quarantaquattro anni di matrimonio
in una meravigliosa armonia nel cottage di famiglia di lei.
Grant ha avuto una brillante carriera come professore universitario
di miti norreni e Fiona era una splendida ragazza solare e
piena di vita finché le sue buffe stravaganze non diventano
la spia di una malattia così tremenda da separarla
dal marito. Fiona non ricorda dove sono i piatti e le padelle,
dimentica di compiere le azioni più elementari e tappezza
casa di bigliettini per associare i nomi alle cose. La memoria
breve è quella che si dissolve per prima e nel suo
cervello succede un po’ quello che succede in un palazzo
quando ad una ad una si spengono le luci. Grant assiste impotente
alla degenerazione delle cellule neurali di Fiona e sarà
proprio questa donna con il suo coraggio e la sua ostinazione
a decidere il ricovero in clinica. La regola più dura
che Grant deve accettare è il divieto di visite che
gli viene imposto dalla direttrice in modo da rendere il meno
traumatico possibile il distacco per il paziente dai familiari.
Dopo un mese quando Grant potrà tornare in clinica,
per assisterla e curarla il loro incontro assumerà
i contorni della peggiore delle tragedie che possa capitare
a una coppia, Fiona non lo riconosce più. E se in realtà
non fosse che l’ennesimo scherzo di Fiona? Di una donna
stravagante con il gusto della provocazione? E se la malattia,
la separazione e il distacco non fossero un modo come un altro
per mettere alla prova il loro amore e il loro matrimonio?
Nel film di Sarah Polley, attrice e regista sensibile e ironica,
lo stile scelto per adattare la lingua e le atmosfere della
Munro si fa asciutto senza mai indugiare nella retorica della
lacrima facile. Seguendo lo schema della grande storia d'amore,
nell'archetipo della separazione degli amanti che da Viaggio
in Italia di Rossellini ad Eyes
Wide Shut di Kubrick il grande cinema d'autore ha sempre
raccontato.
Il fulcro su cui ruota la vicenda è il personaggio
di Fiona, la sua esuberanza, la sua abnegazione per un marito
che le ha dato un amore a intermittenza, un amore smarrito
ma sproporzionalmente restituito e che ora quest'uomo circondato
da studentesse avvenenti deve recuperare attraverso un percorso
tortuoso e complesso. Grant è un uomo distaccato e
concreto che d'improvviso perde ogni certezza e opponendosi
alla malattia e non accettandola al contrario di Fiona cade
negli stessi errori e sbagli. E' su Grant che si concentra
lo sguardo femminile prima di Alice Munro e poi di Sarah Polley.
Grant subisce un processo molto severo a cui non viene risparmiato
nessun'astuzia. Grant reagisce in maniera altalenante, come
altalenante, tra salti all'indietro e salti in avanti reagisce
l'intera struttura drammaturgica che si concentra su due coppie
e un'infermiera, vera coscienza morale del film, ma alla fine
verrà premiato. Verrà premiata la sua buona
fede e i tentativi di riparare ai torti del passato.
Sostenuto da dialoghi potenti ed efficaci, da attori incisivi
e passionali, su tutti svetta una meravigliosa Julie Christie
che sfodera il suo fascino fatto di rughe e di occhi lucidi,
Away from Her scivola via, dilatando
la forma racconto originale in una durata non sempre giustificata
da altrettanto profondità analitica. In poche parole,
il minimalismo estetico non diventa mai minimalismo espressivo.
Resta in superficie e privo di dettagli da cui potrebbe generare
il lirismo della pagina scritta, non coinvolge e non sconvolge,
producendo lo stesso effetto dei panorami algidi e soffocanti
che fanno da sfondo alle vicende di questa coppia che si perde
e si ritrova. [matteo cafiero]