Bigger than
Life! Così potremmo definire l’esistenza di Howard Hughes,
multimiliardario petroliere texano, regista epico e sognatore alla
David Wark Griffith, grande amatore alla Rodolfo Valentino, ingegnere
aeronautico alla Leonardo Da Vinci. Tanto genio in un uomo solo è
quasi un miracolo del creato. Ma se grandi poteri comportano grandi
responsabilità (ricordate?), grande genio comporta grandi disturbi
mentali. Menomazioni mentali conseguenze di quelle fisiche (debole
di udito sin da bambino a causa di una malattia), ossessionato dal
contatto fisico, ipocondriaco, forse affetto da una qualche forma
di autismo, Hughes ha sempre vissuto lungo quella sottile linea rossa
che separa la follia dalla genialità.
L’aeronautica fu la sua passione, il cinema il suo grande amore,
le belle donne la sua ossessione, la psiche disturbata la sua dannazione.
Tutto questo viene raccontato con toni epici d'altri tempi da Martin
Scorsese in The Aviator, concentrandosi
nel periodo tra il 1927, anno di inizio del suo primo kolossale lavoro
cinematografico (Gli angeli dell’Inferno,
4 anni di lavoro per 3,8 milioni di dollari di costo) sino al 1947
anno di realizzazione del suo più monumentale ed incredibile
progetto aeronautico, l’Hercules.
Cinema ed aeronautica i poli lungo i quali si muove la cinebiografia
messa in cantiere da Scorsese. Con grande spiegamento di mezzi ci
immergiamo nella Hollywood degli Anni Trenta, con il passaggio dal
muto al sonoro, con le grandi star (Katharine Hepburn, Ava Gardner,
Bette Davis, Ginger Rogers) che conobbe e sedusse, con la commissione
di censura rigida ed implacabile che seppe affrontare e sconfiggere,
con l’incubo della commissione per le attività antiamericane
del senatore McCarthy sullo sfondo. Ci immergiamo nei folli progetti
aeronautici dell’ingegnere Hughes, pilota-collaudatore, fondatore
della Hughes Aircraft, proprietario della TWA, compì il giro
del mondo in 3 giorni, 19 ore e 17 minuti.
Le cinebiografie sono materiali assai delicati da maneggiare; il rischio
di banalizzare o trascurare aspetti della vita di “uomini incredibili”
è costante; il confronto tra vita e finzione si risolve sempre
e comunque a vantaggio della prima. Il film risente di tutto questo,
è come schiacciato dall’esuberante personalità
del personaggio Hughes, è travolto dalla sua vitalità,
è reso inverosimile dall’entità di incontri, eventi,
accadimenti che incontrò ed affrontò durante la sua
vita. Paradossalmente l’incredibile esistenza di Hughes che
sembrava perfetta per una trasposizione cinematografica, è
la meno adatta ad essere rappresentata perché più incredibile
di qualunque storia uno sceneggiatore possa mai scrivere o pensare.
Nelle mani di un regista meno navigato il film sarebbe naufragato
in uno sterile susseguirsi di eventi, incontri e curiosità;
nelle mani del grande regista italoamericano, il film seppur a fatica,
costruisce un suo personale punto di vista, prosegue il racconto,
iniziato con Gangs of New York, della
nascita di una nazione. Mette in scena la realizzazione del sogno
americano del self-made man, di un uomo che insegue un sogno e riesce
a realizzarlo contro tutti e tutto, sulla scia di un precedente film
di Francis Ford Coppola Tucker, un uomo e il
suo sogno, di cui ricalca a grandi linee la medesima struttura
narrativa (ascesa-caduta-risalita) con l’unica non trascurabile
differenza che Howard Hughes alla fine sopravvive ai suoi fantasmi,
mentre Preston Tucker sarà da questi schiacciato.
The Aviator è stato fortemente
voluto da Leonardo di Caprio, che ne assume le sembianze sullo schermo
restituendoci un’interpretazione matura e sfaccettata che grida
Oscar Oscar Oscar ad ogni inquadratura. Al suo fianco una serie di
interpreti di convincente bravura e somiglianza fisica all’originale
come Cate Blanchett/ Katharine Hepburn, Kate Beckinsale /Ava Gardner,
Gwen Stefani/Jean Harlow, e facce difficili da dimenticare come quelle
di John C. Reilly, Ian Holm ed Alan Alda. Produce Michael Mann, che
reduce dalla non troppo convincente cinebiografia di Alì,
ha preferito defilarsi dal progetto, rinunciando a curarne la regia.
[fabio melandri]