1982.
L’italia è campione del mondo. Tre balordi si
imbattono in un hotel fuori mano, fuori posto, un rifugio
ai confini del mondo: Bellevue Hotel.
Qui una serie di personaggi in cerca d’autore, consumano
gesti d’amore o di disperazione, tra voci sussurrate
ed urla disperate. C’è un senso di fine del mondo,
di catastrofe imminente, di rumori misteriosi che si spandono
nei corridori luridi dell’albergo, nelle stanze malamente
arredate, nelle vite vuote dei suoi ospiti.
“Un film come un disco fatto da un dj. Un film fatto
di storie campionate e remixate, di immagini raccolte, suoni,
sensazioni, frullate e rimpastate per trovare nuova forma.
– racconta il neo regista Ago Panini - Un film di parole,
di voci che si inseguono tra una stanza e l’altra, creando
un unico macro discorso, grave e leggero ad un tempo, sull’amore,
la morte e tutto quanto di più sacro e futile abbiamo
nella vita. Un film in cui le storie si rincorrono, i personaggi
si sfiorano, come all’interno di un gigantesco termitaio,
in cui migliaia e migliaia di storie, viste dall’alto,
sembrano tutte uguali, mentre poi, sotto la lente del microscopio,
acquistano dignità, logica, giustificazione, pur nella
costante, inevitabile illegalità diffusa. Un film in
cui nessuno è capace di essere onesto, giusto, retto.
Ma proprio per questo ciascuno è umano, caduco, fragile
e aggressivo, pronto alla difesa, e pronto a portare questa
difesa fin oltre le barriere della morale, della civiltà
e forse anche della sanità mentale. Un film che non
è un insieme di storie brevi, ma è un’unica
grande storia frazionata, smontata, maneggiata, masticata,
commentata, interpretata di volta in volta in maniera differente,
a seconda della situazione, a seconda di come sono date le
carte, e a seconda di come le si vuole leggere.”
Tentativo interessante e coraggioso di uscire dai canoni sicuri
in cui sin troppo spesso il cinema italiano si rifugia, per
un’opera articolata e pretenziosa, che difetta nella
debolezza di alcune delle storie di cui si compone, dove il
registe riempie e amplia dove invece dovrebbe svuotare ed
abbreviare. Aspettando il sole è un film che destruttura
la linearità narrativa, dove il grottesco colora personaggi
e storie affidate ad uno stuolo di giovani e veterani attori
(Raoul Bova, Gabriel Garko, Claudia Gerini, Vanessa Incontrada,
Claudio Santamaria, Giuseppe Cederna, Rolando Ravello) utilizzati
in ruoli “inaspettati” rispetto ai loro precedenti.
L’intento dichiarato è spiazzare il pubblico,
disorientarlo, eliminando ogni punto di riferimento. Obiettivo
raggiunto, ma a che prezzo? [fabio
melandri]