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Anno
2011
Nazione
Francia
Genere
commedia
Durata
100'
Uscita
09/12/2011
distribuzione
BiM Distribuzione |
Regia |
Michel
Hazanavicius |
Sceneggiatura |
Michel
Hazanavicius |
Fotografia |
Guillaume
Schiffman |
Montaggio |
Anne
Sophie Bion,
Michel Hazanavicius |
Scenografia |
Laurence
Bennett |
Costumi |
Mark
Bridges |
Musica |
Ludovic Bourse |
Produzione |
La Petite Reine,
Studio 37,
La Classe Américaine,
Jd Prod,
France 3 Cinéma |
Interpreti |
Jean
Dujardin,
Bérénice Béjo,
John Goodman,
James Cromwell |
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Chi
aveva previsto che nell'anno 2011, in un' era in cui non si
rinuncia ad un occhialino 3D neppure per la più sciatta
realizzazione, il caso cinematografico sarebbe stato un film
muto, in bianco e nero, in formato 1,33:1, si faccia pure avanti.
La formula semplice ed essenziale di questo gioiellino, sta
a dimostrare che il cinema, come e più della realtà,
trova sempre la maniera per sorprendere.
L'azione prende inizio nel 1927 e presenta la stella del cinema
muto George Valentin (Jean Dujardin) all'apice della celebrità,
che incontra sulla sua strada un'intraprendente comparsa, Peppy
Miller (Bérénice Béjo), che ruberà
subito il suo cuore nonostante sia già sposato. Nel giro
di pochi anni, l'avvento del sonoro stravolgerà tutto:
Peppy saprà cavalcare tutti i gradini del successo fino
a diventare una star, mentre George non accetterà mai
di considerare arte la recitazione parlata, cadendo inesorabilmente
in rovina. Per fortuna la scintilla tra i due non si spegnerà
mai completamente, così che Peppy non dimenticherà
di prendersi cura della sua anima gemella.
Un film del genere è una vera e propria manna dal cielo
per i cinefili di ogni sorta, che possono sbizzarrirsi a trovare
somiglianze tra il protagonista e Douglas Fairbanks, a rintracciare
il passaggio slapstick qui o l'eco chapliniano da un'altra parte.
La sua vera forza sta però nel fatto che la narrazione
riesce a coinvolgere anche le grandi platee alla ricerca di
emozioni, romanticismo e divertimento. Hazanavicius è
infatti troppo scaltro per non tenere conto continuamente che
questo percorso à rebours è in realtà rivolto
a un pubblico moderno, avvezzo ai clichè del cinema che
fu e quindi pronto a riderci sopra, tenendo fede alla poetica
noir de “L'uomo che non
c'era” dei fratelli Coen o dei gialli
d'epoca di Woody Allen. I due Oss 117, parodie del genere spy
story con cui in precedenza il regista ha sbancato al botteghino
in Francia, stanno proprio a rafforzare questa tesi.
Tanta attenzione metalinguistica non toglie però che
la messinscena sia perfetta, impeccabile e pressoché
virtuosistica: la mancanza del dialogo e l'economia di cartelli
rafforzano gli accenti della colonna sonora e la gestualità
degli attori, il formato premia una fotografia splendidamente
luminosa nei momenti spensierati e elegantemente cupa nella
tragedia, la macchina da presa gioca con le immagini e si concede
qualche vero e proprio pezzo di bravura, nell'incubo sonoro
del protagonista e quando Peppy si infila nello smoking nel
camerino di George.
Si dice che questo piccolo film francese dopo aver stregato
Cannes (il simpatico gigioneggiare di Jean Dujardin gli è
valso una sacrosanta Palma come miglior attore) si appresti
a conquistare l'America, magari fino agli Oscar. Nell'attesa,
qualora l'Academy decidesse davvero di prenderlo in considerazione,
sarebbe doveroso istituire una statuetta per il miglior attore
cane: il jack russell che accompagna George in tutte le sue
scorribande è un vero e proprio istrione, talentuoso
e accentratore come è giusto che sia, e potrebbe battersela
sicuramente anche con molti blasonati colleghi umani.
[emiliano
duroni] |