“Chi
resta e chi viene eliminato”: questo il vero e unico
dilemma che lacera la mente di milioni di persone, incollate
per settimane davanti al teleschermo.
American Dreamz, è il
titolo del reality campione di incassi negli Stati Uniti,
dove, ogni settimana, si scontrano aspiranti giovani talenti
che lottano per entrare nell’olimpo delle celebrità.
Da questo prende il nome il film che, attraverso il racconto
della storia dello show televisivo, fa un’analisi satirica
intelligente della società attuale, o meglio del suo
degrado.
Diventare famosi, raggiungere la fama velocemente, senza preoccuparsi
di possedere alcuna qualità o capacità particolari,
a parte quella di essere disposti a tutto per vincere, pure
a perdere la dignità. Questo sembra essere l’unico
obiettivo di tutti i potenziali concorrenti.
Commedia brillante, come se ne vedono poche ultimamente, mostra
come il predominio della televisione sulla nostra cultura,
che travalica ormai i confini statunitensi e raggiunge ogni
parte del globo, influenzi ogni cosa, anche i nostri sogni
e il modo di percepire la realtà.
Tutto è filtrato dal piccolo schermo e tutto si riduce
ad esso. Una droga moderna, la più potente e la più
temibile, capace di soggiogare e manipolare anche chi in realtà
lotta per sconfiggerla, o chi dovrebbe governarla e dirigerla,
dalla ragazza piccolo borghese al terrorista iracheno, fino
al Presidente degli Stati Uniti d’America. Tutti girano
intorno a questo show e ne sono coinvolti e condizionati.
Esiste solo ciò che si vede in televisione. La cultura
dell’apparire imperversa ovunque, a qualsiasi età
e strato sociale. Non è più importante essere,
vivere una vita reale, avere delle qualità, ma soltanto
mostrarsi, farsi vedere, sembrare.
Le luci potenti degli studios televisivi riescono a sbriciolare
tutti i valori, ad annullare le differenze tra attori e persone
reali, tra la cultura vera e l’intrattenimento, tra
la vita reale e la fiction.
E tutto si fa e si sacrifica per arrivare a realizzare il
“sogno”: diventare famosi, una star del piccolo
schermo, essere in tv. Non serve aver particolari capacità,
anzi più si è comuni e non si eccelle in nulla
più si hanno chance di essere qualcuno. La fatica è
eliminata, si vuole tutto e subito. Il trionfo della banalità
e della mediocrità.
American Dreamz “with a Z” recita la colonna sonora
del film, sottolineandone la differenza con il vecchio “Sogno
Americano”, dove, indipendentemente dalla condizione
alla nascita, ci si realizzava con la forza della disciplina,
della determinazione, del duro lavoro.
Una commedia satirica e grottesca, che prende in giro i mostri
generati dalla televisione, siano essi pubblico o attori.
“Parte del fascino di American Dreamz o di spettacoli
simili - spiega il regista Paul Weitz - viene dall’idea
che possiamo prendere una persona e farne una star. Non c’è
niente di meglio che starcene seduti nel nostro comodo salotto
ed evitare di occuparci dei nostri problemi…e venire
gettati in mezzo ai più profondi desideri delle persone
vere. Qui tutti sono consumati da un sogno, nel bene e nel
male”.
Magnifico il cast di attori, da Dannis Quaid nelle vesti del
Presidente passando per l'irriconoscibile suo consigliere
Willem Dafoe, fino a quell'Hugh Grant perfetto nel suo ruolo
di opportunista senza scrupoli, con la sua carica di humor
nero a cui siamo abituati.
Un film che anche se cinico e spietato nell’analizzare
i difetti e gli orrori di questa cultura, non manca di mostrare
la parte migliore dei personaggi resi pienamente nelle loro
contraddizioni e debolezze, senza essere mai cattivo e scontato,
con una vis comica che si sviluppa in un crescendo sempre
più coinvolgente, fino alla chiusa finale.
[vanessa menicucci]