Amatemi
id.
Regia
Renato De Maria
Sceneggiatura
Renato De Maria,
Francesco Piccolo
Fotografia
Alessandro Feira Chios
Montaggio
Jacopo Quadri
Musica
Riccardo Sinigallia, Emiliano
Di Meo, Antongiulio Frulio
Interpreti
Isabella Ferrari, Pierfrancesco Favino, Donatella Finocchiaro, Branko Duric, Marco Giallini, Giampaolo Morelli, Marco Cocci, Valerio Mastrandrea
Anno
2005
Durata
85'
Nazione
Italia
Genere
drammatico
Distribuzione
Mikado
Nina, 35 anni, sposata da 15 e voce ufficiale di un grande magazzino, viene senza alcun preavviso lasciata dal marito (Pierfrancesco Favino) e precipita in un abisso di solitudine e disperazione. Nina... “che tieni i segreti dei tuoi ricordi, sei come un'onda che non ha confini, ti allontani e poi ritorni ancora, per questo sei sola e ridi amara su un'altra ferita che ti ha guarito travestita da angelo fallito...
In seguito all’incontro con un misterioso straniero, inizia a frequentare diversi uomini (Valerio Mastrandrea, Marco Giallini, Giampaolo Morelli, Marco Cocci) dalla molteplicità
di caratteri, in cerca di quel desiderio finalmente espresso di voler essere amata, desiderata e ricambiata ... “anche se tutto il tempo che ci resta è già passato e non tornerà, per ogni occasione persa, e camminare insieme a te, insieme a te, e non pensare tutto contro te, tutto contro te...” in attesa di rincontrare l’uomo misterioso (Branko Duric) l’amore che l’ha salvata e cambiata... “amore che torni allontanando la pazzia Bellamore che vai via, come un'onda che non ha confini provare felicità...
Un personaggio quello di Nina che ricorda alcune eroine di Von Trier, così piegate su terzi così dipendenti da questi da
ignorare la ricchezza del loro essere interiore. Una donna comunque forte che ha la capacità disperare il lutto dell’abbandono, passando come in Von Trier attraverso un’esperienza traumatica, in questo caso sessuale.
Strano film questo ritorno al cinema di Isabella Ferrari, diretta dal marito Renato De Maria. Astratto tanto negli ambienti - una serie di non luoghi - quanto nei personaggi che sembrano aggirarsi come fantasmi, o sarebbe meglio dire zombie, vista l’ambientazione in un grande magazzino. Una fotografia livida e dai toni perennemente scuri accentua il tono asettico di tutta la prima parte del film, rotto da vere
e proprie macchie di colore quando il film vira a sorpresa verso toni da commedia. E’ questo cambiamento perentorio di registro che convince poco nell’economia generale del film, con situazioni sospese a metà strada tra l’assurdo ed il surreale, con una ostentata meccanicità e forzatura in diversi passaggi narrativi che lascia perplessi. Lodevole il tentativo di raccontare in modo anche originale e lontano dai parametri estetici televisivi, il cui rischio era evidente visto il background artistico di regista e protagonista, la storia di una redenzione in cui l’atto sessuale è mezzo e strumento per il raggiungimento del fine, ma il film raggiunge prima e
mantiene poi un livello espressivo troppo uguale a se stesso per essere credibile nella descrizione di un “cambiamento”. Interessante invece la scelta e l’uso delle canzoni del film che di tanto in tanto si sovrappongono ai dialoghi dei protagonisti e fungono da commento all’azione descritta, in particolar la deliziosa Bellumore di Sinigallia che descrive al meglio l’evoluzione della protagonista, nel film come in questo breve scritto. [fabio melandri]