E’
una mattina d’estate, Salvatore sta percorrendo, tra
le dune, il tragitto che lo porta alla spiaggia, per trascorrere
un po’ di tempo da solo. Di colpo si ferma, osserva
l’orizzonte: mare e cielo. Ma non sarà una giornata
qualunque e Salvatore si troverà coinvolto nella vita
e nelle storie di alcune persone che lo costringeranno, suo
malgrado, a fare i conti con i fantasmi del proprio passato
e, forse, ad affrontare una nuova possibilità, una
nuova vita.
Il film passa la sensazione di un urgenza di riflessione sui
rapporti tra le persone: su ciò che sono il palese,
il dichiarato ed il non detto che intercorrono tra gli esseri
umani. Queste tre sensazioni pesano in maniera determinante
sullo svolgersi delle relazioni degli interpreti, brevi o
lunghe che siano.
La storia in se è molto semplice: una giornata, molti
incontri, molti possibili risvolti dell’esistenza; non
a caso il regista cita tra le note una frase di Zavattini:
“ il nostro cinema vorrebbe far irrompere nello spettacolo,
come supremo atto di fiducia, novanta minuti consecutivi della
vita di un uomo. Ciascuno di questi fotogrammi sarà
ugualmente intenso e rivelatore, non sarà più
soltanto il ponte per il fotogramma seguente, ma vibrerà
in se come un microcosmo. Allora la nostra attenzione diventerà
continua, e direi perpetua, come dev’essere di un uomo
per un altro uomo. Riusciremo a far questo?” Ma davvero
ha tenuto fede a quest’affermazione? Per certi aspetti
si, perché ricerca con successo un linguaggio cinematografico
che ricerca il quadro e non il “qudretto”, per
altri no, perché il tono del film non è sempre
solido e certi personaggi risultano un po’ troppo caricati.
Certo i tempi e le risorse che questo film ha avuto sono stati
pochissimi, limitandone fortemente la resa e lasciando quasi
tutto in mano alla bravura (che esiste) degli interpreti principali
Antonio Merone e Lucia Mascino, ed alla capacità di
adattarsi alle ristrettezze del regista (anch’essa presente).
Si lasca guardare senza entusiasmare nessuno!
[jacopo angiolini]