Alta infedeltà
id.
Regia
Claudio Insegno
Sceneggiatura
Claudio Insegno, Pino Insegno
Fotografia
Ugo Menegatti
Montaggio
Gianfranco Amicucci
Scenografia
Alessandro Rosa
Costumi
Graziella Pera
Musica
Iacopo Fiastri
Interpreti
Pino Insegno, Claudio Insegno, Marco Messeri, Sabrina Pellegrino,
Justine Mattera, Marta Altinier, Biagio Izzo, Maurizio Casagrande
Produzione
Due P.T. Cinematografica
Anno
2010
Nazione
Italia
Genere
commedia
Durata
100'
Distribuzione
Mediaplex Italia
Uscita
26-02-2010
Giudizio
Media

“Immaginate di trovarvi all’interno di un lussuoso ed elegante salotto borghese, dentro ad una piacevole villetta borghese, circondata da un regolarissimo pratino all’inglese borghese. Un tavolo di antiquariato è accerchiato da alcune sedie. Un divano riposa in un angolo della stanza. Una bottiglia di Whisky pregiato si affaccia dallo scaffale di un mobile dell’ottocento. La classica casa di un uomo per bene. Quest’uomo conduce un’esistenza tranquilla: vive con la moglie, una casalinga che coltiva una singolare passione per l’arte dipingendo, di tanto in tanto, qualche tela. Una simpatica signora li aiuta nelle faccende di casa, ma loro la trattano come se fosse della famiglia. Il tutto a comporre il classico quadro di una perfetta famiglia borghese. Ma sotto i tappeti yoruk, dietro i costosi arazzi settecenteschi che adornano questo ricercato salotto, non possono non celarsi segreti scomodi.
L’uomo di casa, il rispettabilissimo marito, ha un’amante. E fin qui tutto bene. Se non fosse che l’amante non sa niente della moglie, e soprattutto che è stanca di vivere da sola. Il loro rapporto deve cambiare nella forma, pena l’abbandono. Allora l’uomo ha un’idea a dir poco brillante: andare a convivere con l’amante nella casa adiacente a quella che condivide con la moglie.
Tutto risolto.
L’amante si trasferisce però nel nuovo appartamento con un giorno d’anticipo, facendo saltare tutti i programmi dell’uomo e rischiando di far crollare le verità parallele tanto abilmente edificate nel corso di anni di duri doppi giochi. Fortunatamente lì c’è un amico dell’uomo, il suo migliore amico, e un suo aiuto potrebbe risolvere la situazione di crisi: basta che egli si finga, agli occhi della moglie, il partner della nuova vicina. L’amico, riluttante, accetta per il bene dell’uomo e dell’intera famiglia borghese.
Ancora una volta tutto sembra risolto.
Fatto sta, però, che l’amante non sa niente del suo nuovo, virtuale concubino, e che la moglie vuole a tutti i costi invitare i nuovi vicini a cena. Da qui in poi, purtroppo, la situazione va precipitando, visto che l’amante vuole assolutamente un divano nella sua nuova casa, e che l’uomo è quindi costretto a spostare il divano ripetutamente da una casa all’altra. Inoltre l’amante non è, per cosi dire, proprio il massimo dell’intelligenza, e per casa c’è una cameriera che assolutamente non riesce a farsi i fatti suoi. Nel frattempo la moglie continua a credersi un’artista, ma nessuno sembra apprezzare le sue opere d’arte, e quando l’amico inizia ad essere stremato nel tentativo di sorreggere l’incombenza degli equivoci, arriva il padre dell’amante, intenzionato a conoscere l’uomo della figlia. Fortunatamente il genitore viene scambiato per l’amante della figlia, togliendo marito e amico dall’impiccio della verità.
Per un attimo ancora tutto sembra risolto.
Ma purtroppo il padre della ragazza si rivela un genitore particolarmente geloso, e intanto la cameriera continua a fare domande, mentre l’uomo continua a non dare risposte. Nel culmine del delirio coniugale, quando sembra che ormai di peggio non possa accadere, il peggio accade: arriva un’altra amante. E poi, finalmente, l’amante della moglie, così, per pareggiare i conti. Ci mancherebbe solo l’amante dell’amante. Ma tranquilli, arriverà anche lui. Tutto questo a dimostrazione del fatto che in un tranquillo salotto borghese tutto può accadere. Basta non volerlo…”.

NOTE DI REGIA: Claudio Insegno

La sceneggiatura è l’adattamento di un omonimo testo teatrale originale, messo in scena nella stagione 2005 presso il Teatro Vittoria di Roma. La trasposizione cinematografica differisce dal testo teatrale oltre che, naturalmente, per il diverso linguaggio richiesto dal differente mezzo, per la diversa ambientazione in cui è contestualizzata la vicenda: la pièce, infatti, raccontava le vicende di una famiglia inglese, soffermandosi sulle peculiarità e sulle declinazioni che caratterizzavano il diverso approccio territoriale e sociale; nella versione cinematografica, invece, la storia si svolge in un ambiente più moderno e vicino alle cognizioni comuni e, quindi, più facilmente assimilabile.

Il racconto, caratterizzato da un’assoluta leggerezza di base sia nel linguaggio che nelle intenzioni, si sviluppa attraverso una prima presentazione dei personaggi e una seguente continua evoluzione dei rapporti che intercorrono fra di loro. L’aspetto comico e grottesco della vicenda, infatti, risiede nel costante adattamento d’identità, elemento indispensabile in un valzer degli equivoci di tale portata, a cui i personaggi, volenti o nolenti, sono costretti ad adeguarsi.

L’intenzione autoriale dell’intero progetto è mossa e determinata da un’esigenza, spesso chiamata speranza, di riportare in auge un genere negli ultimi anni troppo spesso dimenticato e bistrattato come quello della farsa. Infatti il tono farsesco è stato ben espresso nel passato: le lezioni dei grandi maestri della commedia hanno influito nel nostro sviluppo professionale fino al punto di caratterizzare buona parte del bagaglio artistico della nostra generazione. Ma tutto questo sembra aver lasciato il posto a un cinema che spesso preserva poco spazio alla leggerezza, una leggerezza che, come il cinema americano ci insegna, risiede soltanto nella scelta contenutistica e non in quella stilistica. È possibile pensare a un cinema d’autore indipendentemente dalla scelta dei temi trattati, siano essi di carattere sociale o meno. Il cinema alimenta se stesso, ed è per questo che i generi vanno alimentati, specie quelli che più ci hanno rappresentato in passato, nella speranza che non scompaiano in futuro.