Bambini guerriglieri
con la figurina di Ronaldo incollata sul caricatore del fucile;
un giovane gitano iniziato al furto dal padre ubriacone; un’adolescente
di Brooklyn malata di AIDS trasmessole dai due genitori tossicodipendenti;
due ragazzini che tentano di sopravvivere con il riciclaggio
di rifiuti nelle favelas di San Paolo; un fotoreporter che ricerca
nell’adolescenza la cura per il suo spirito malato; la
vita sbandata di un ragazzino nella periferia di Napoli; due
bambine cinesi dai destini tanto segnati quanto diversi che
si incrociano in un gioco di circostanze.
Sette temi, sette punti di vista sul mondo degli adolescenti.
Sette storie narrate con disomogeneità di stili e risultati
da sette registi provenienti da diverse estrazioni culturali
ed estetiche come Mehdi Charef (Tanza),
Emir Kusturica (Blue Gypsy), Spike
Lee (Jesus Children of America),
Katia Lund (Bilu & João),
Jordan & Ridley Scott (Jonathan),
Stefano Veneruso (Ciro) e John
Woo (Song Song & Little Cat).
Le colpe dei padri non dovrebbero cadere mai sulle spalle dei
figli, così come quelle degli adulti su quelle dei bambini.
Ed invece pare proprio di vivere in una sorta di dimensione
sospesa in cui fucili e pistole sostituiscono bambole e giocattoli,
la lotta per la sopravvivenza i giochi e la scuola, le brutture
della vita la spensieratezza dell’adolescenza.
Un occhio puntato su quell’adolescenza che cresce disperata
lontano dai nostri occhi e dalle nostre televisioni, un’opera
che punta a risvegliare le coscienze attraverso il linguaggio
potentissimo delle immagini, del cinema mainstream, di autori
che con una libertà produttiva inusuale hanno scelto
la tematica da trattare e con la massima libertà creativa
dato origine ad un’opera visivamente potente ed a tratti
profondamente commuovente. Un gradino sopra gli altri il toccante
Song Song & Little Cat di John
Woo, un regista capace di trattare i processi emotivi con inusuale
leggerezza di tocco e fluidità narrativa, mentre delude
per l’accumulo di stereotipi nonostante una regia coinvolgente
Ciro di Stefano Veneruso e Jonathan
di Ridley Scott padrino della prima prova registica del figlio
Jordan, il più oscuro ed enigmatico della compagnia.
“I registi hanno avuto una assoluta libertà creativa
– racconta Chiara Tilesi produttrice insieme a Maria Grazia
Cucinotta ed allo stesso Veneruso -. Ogni regista ha scelto
il proprio tema e sviluppato liberamente l’idea. L’obiettivo
era quello di sottolineare quelle realtà di bambini che
rimangono quasi sempre invisibili, perché nessuno ne
è a conoscenza.”
Un film accolto con calorosi applausi alla 62 Mostra Internazionale
d’Arte Cinematografica di Venezia, realizzato con il sostegno
della Cooperazione Italiana allo Sviluppo del Ministero degli
Affari Esteri i cui proventi da incassi e sfruttamento commerciale
saranno devoluti a favore dell’UNICEF e del World Food
Programme dell’ONU. Da vedere.
[fabio melandri]
|
|