Dito Montiel
è uno scrittore. Qui si improvvisa regista per portare
sullo schermo la storia della sua vita. Attinge infatti alla
propria esperienza personale quando racconta il passaggio
alla maturità di un ragazzino del Queens che decide
di trasferirsi a Los Angeles in cerca di fortuna. La vita
per le strade di New York non fa per lui. Questa città
lo soffoca. La violenza è sempre in agguato e le risse
tra gang sono all’ordine del giorno. Se si aggiunge
il difficile rapporto con il padre allora si può ben
capire perché Dito voglia scappare. Intrappolato come
un usignolo in gabbia, Dito si sente solo. Con la sua anima
acerba ma già rassegnata ad una fine nota. Non accetta
il suo destino di loser annunciato. E sceglie la fuga. Il
tempo scorre e cancella tutto. Ma non il ricordo delle proprie
origini. Oggi Dito è uno scrittore affermato ma il
suo successo personale non prevede la catarsi interiore. Il
passato ancora lo ossessiona. Dentro di sé sa di non
aver chiuso il cerchio rimasto aperto in gioventù.
Sono passati ormai molti anni da quando se ne è andato.
L’improvvisa malattia del padre lo costringe a tornare.
Per restare. Forse per sempre…
Dramma urbano di impostazione classica, è un’opera
prima sprezzantemente autentica che fa della memoria il pretesto
per poter raccontare cosa si è oggi. Partendo quindi
dal passato senza rinunciare ad un sottile sguardo al futuro.
Al di là della violenza di una vita pericolosa che
non ti permette di camminare neanche per strada per il timore
di essere sgozzato, è il mancato rapporto col padre
che sconvolge l’esistenza di Dito. Non si sente compreso,
ascoltato, amato. E per questo scappa. La morte di un amico
è solo un ulteriore pretesto per giustificare la sua
fuga. La sua sensibilità innata quasi un alibi. Decisamente
funzionale alla sua crescita interiore.
Uno stropicciato Downey jr ci mette la faccia (la leggenda
vuole che sia stato proprio l’attore a scoprire Montiel
in un reading losangelino), Sting e la moglie Trudie Styler
i soldi. Ne esce un melo’ che ha assorbito al meglio
la lezione di certo cinema metropolitano (da Mean
Streets a Kids) sporco,
brutto e cattivo. Pizzicando forse troppo semplicisticamente
le corde giuste per trafiggere i cuori. Come una freccia avvelenata
senza possibilità di antidoto. Ma il pubblico sembra
gradire. [marco catola]