Somewhere
id.
Regia
Aureliano Amadei
Sceneggiatura
Aureliano Amadei, Gianni Romoli, Francesco Trento, Volfango De Biasi
Fotografia
Vittorio Omodei Zorini
Montaggio
Alessio Doglione
Scenografia
Massimo Santomarco
Costumi
Catia Dottori
Musica
Louis Siciliano
Interpreti
Vinicio Marchioni, Carolina Crescentini, Giorgio Colangeli, Orsetta De Rossi, Alberto Basaluzzo, Edoardo Pesce, Luciano Virgilio, Gisella Burinato, Duccio Camerini, Giovanni Carroni
Produzione
R&C Produzioni, Raicinema, Regione Lazio
Anno
2010
Nazione
Italia
Genere
drammatico
Durata
94'
Distribuzione
Cinecittà Luce
Uscita
8-09-2010
Giudizio
Media

Sette anni fa il Paese si fermò quando si celebrarono, non tra polemiche come è solito in Italia, i funerali di quelli che vennero definiti “gli eroi di Nassirya”. Carabinieri, soldati dell'esercito ed un civile il regista Stefano Rolla, in Iraq per i sopralluoghi di un film che avrebbe dovuto girare in loco. Tra i sopravvissuti Aureliano Amadei, aiuto regista, che oggi racconta il suo viaggio in quella terra, l'attentato, la lunga e dolorosa riabilitazione in 20 sigarette, tratto dal libro scritto insieme a Francesco Trento, 20 sigarette a Nassirya.
Novembre 2003: Aureliano, un 28enne anarchico e antimilitarista, precario nel lavoro e nei sentimenti, riceve all’improvviso l’offerta di partire subito per lavorare come aiuto regista alla preparazione di un film che si svolge in Iraq, al seguito della ‘missione di pace’ dei militari italiani. Nonostante le critiche degli amici, tra cui la sua ‘amica del cuore’ Claudia, e la preoccupazione dei suoi familiari, tra cui soprattutto la madre con cui convive, Aureliano parte per l’Iraq.
Si ritrova così al centro di un mondo, quello militare, che non approva e su cui ha molti pregiudizi, scoprendo però in coloro che incontra una umanità e un senso di fratellanza che appartengono anche a lui. Al seguito di Stefano Rolla, il regista che lo ha coinvolto con la sua passione per il cinema e il suo entusiasmo per il lavoro e per la vita, Aureliano non fa in tempo a finire un pacchetto di sigarette che si ritrova, come protagonista, al centro della tragedia dell’attentato alla caserma di Nassirya del 12 Novembre 2003. Unico civile sopravvissuto di una strage che ha ucciso ben 19 italiani, Aureliano, pur gravemente ferito, riesce a mettersi in salvo.
Testimone oculare dell’avvenimento, Aureliano passa dall’ospedale americano di Nassirya a quello del Celio di Roma, in una lunga degenza in cui si ritrova assediato dai politici, dai militari e dai giornalisti perché nel frattempo è diventato suo malgrado un eroe per caso. Assistito amorevolmente da Claudia, Aureliano si trasforma così da Ragazzo in Uomo, maturando sia nei sentimenti che nella sua visione della vita, fino a rielaborare la sua vicenda nella scrittura di un libro di memorie, in cui rinuncia alla sua condizione di vittima per affermare di sentirsi anche lui in qualche modo responsabile di fronte alla Storia con la S maiuscola.
Amadei in un corto circuito che non può lasciare indifferente, sceglie di raccontare la sua storia drammatica attraverso una narrazione intelligente, capace di alleggerire i toni con fughe nel grottesco e nella commedia che potrebbe, ed in alcune parti lo fa, stridere con la drammaticità dei fatti narrati, ma che svilisce un'atmosfera generale che altrimenti sarebbe stata poco sopportabile.
Il suo alter-ego cinematografico è quel Vinicio Marchioni conosciuto al grande pubblico come il 'freddo' della serie televisiva Romanzo Criminale, che seppur con qualche debolezza in alcuni passaggi drammatici, sostiene bene almeno un paio di primissimi piani, donando spirito canzonatorio alle parti più leggere.
Ma il cuore del film, quello che lo spettatore aspetta e da cui è letteralmente investito senza alcun preavviso narrativo, è il momento dell'attentato. Qui Amadei sceglie una lunga soggettiva visiva ed uditiva. Una scelta coraggiosa, forse dovuta anche dai limiti di budget del film, ma assolutamente pertinente e convincente. Il camion che arriva, l'esplosione, la morte intorno a se, le ferite sul suo corpo, la fuga sotto un camion e poi la corsa in ospedale ricoperto di sangue e terra con la sola compagnia del cadavere senza nome di un ragazzino irakeno. Un pezzo di bel cinema che da solo vale la pena della visione di una pellicola che tra imperfezioni, piccole cadute nel macchiettismo, ha il merito di donarci l'ennesima piccola grande interpretazione di Giorgio Colangeli, che nella parte di Stefano Rolla, non avrebbe potuto render miglior memoria. [fabio melandri]