Madrid,
1939. Tredici giovanissime ragazze – le rose del titolo
– vengono fucilate dal regime franchista, accusate ingiustamente
di aver ordito un complotto.
Il film segue le vicende delle giovani, in particolare di
cinque di loro, le loro vita, le loro scelte politiche, fino
all'arresto e le accompagna alla tragica esecuzione.
Il film risulta così diviso in due parti. La prima,
più debole, sulla vita delle ragazze e le esperienze
che le faranno finire in carcere; la seconda, decisamente
più riuscita, vede contrapposta l'allegrai e la gioia
di vivere delle protagonista, nonostante tutto, alla grigia
e meccanica esistenza delle secondine. Il potere come mostro
cupo, mortifero e irregimentante contrapposto all'energia
e al riso di chi quel potere combatte.
Ma alla seconda parte bisogna arrivarci passando per quella
lunga introduzione che è il primo tempo del film e
che rimane sempre narrativamente sottotono sia a livello di
messa in scena, sia di sceneggiatura. Problema che ha tanto
cinema europeo quando privilegia i contenuti ma trascura la
forma. Non è chiaro se sia una scelta voluta o meno
– il timore che l'eccessiva estetizzazione nascondi
l'etica – o una deriva delle scuole di regia europee,
dove la maniera ha finito col diventare il solo modo di fare
cinema. [davide luppi]