13 assassini
Juusan-nin no shikaku
Regia
Takashi Miike
Sceneggiatura
Kaneo Ikegami, Daisuke Tengan
Fotografia
Nobuyasu Kita
Montaggio

Kenji Yamashita

Scenografia
Yuji Hayashida
Costumi
Kazuhiro Sawatahishi
Musica
Koji Endo
Interpreti

Koji Yakusho, Takayuki Yamada, Yusuke Iseya Koyata, Goro Inagaki

Produzione
Sedic International, Recorded Picture Company, Tv Asahi Corporation
Anno
2010
Nazione
Giappone, UK
Genere
azione
Durata

140'

Distribuzione
BiM Distribuzione
Uscita
24-06-2011
Giudizio
Media

Strana razza i cinefili: stanno a fare le pulci a un Woody Allen perchè fa uscire un film all'anno o perchè ormai settantenne a volte si sente stretto dentro i canoni della commedia, poi creano una sorta di culto per il maestro giapponese Takashi Miike, classe 1960, forte di una filmografia sterminata che presenta anche quattro titoli in un anno e di una varietà di generi che ha pochi precedenti nella storia della settima Arte.
In questo caso siamo decisamente nel filone “cappa e spada”, sul finire dell'età dei samurai e c'è il fratello minore dello shogun (Goro Inagaki), che è così privo di pietà da sterminare famiglie, stuprare giovani spose e mutilare contadine affamate. Per porre fine a questo scempio, un vecchio samurai (Koji Yakusho) viene incaricato dal Gran Ciambellano di uccidere il perfido Naritsugu reclutando i migliori e più motivati. Come si evince dal titolo, saranno in tredici a fronteggiare un esercito di più di duecento persone col solo desiderio di onorare con la vita la volontà del proprio signore.
Lo squilibrio numerico potrebbe far pensare al “300” di Zack Znyder, i duelli con le lame alle recenti rivisitazioni di mostri sacri del cinema orientale come il patinato Zhang Yimou, o l'originale Kitano. In realtà, la storia qui narrata è un remake di un film degli anni '60 (già molto affine ai “Sette samurai” di Kurosawa) e l'approccio di Miike è molto più rispettoso e “tradizionale” di quanto un anarchico come lui poteva far immaginare. Nella prima parte seguiamo passo passo i soprusi del nobile, il reclutamento, l'addestramento e le motivazioni dei valorosi “assassini”, poi si ordisce la trappola per l'esercito nemico e infine, nell'ultima ora di film, c'è l'imboscata e la battaglia, un vero e proprio trattato di strategia prima e uno straziante duello all'ultima goccia di sangue dopo.
Il tutto è girato con un'asciuttezza e una semplicità che mettono in luce tutto il mestiere nel districarsi anche in scene lunghe e complesse, a dimostrazione di come la regia, la fotografia, il sonoro siano al servizio della storia e non viceversa. Questi elementi assicurano però la riuscita di un buon film di genere e non necessariamente qualcosa di più; soprattutto nella prima parte infatti si avverte la sensazione che ci si soffermi troppo su dettagli e consuetudini superflui anche per noi occidentali. Ma Miike è così, costruisce i suoi film come lente montagne russe che una volta giunte alla discesa, possono dare sfogo a tutta la loro violenza entusiasta, che stava covando fino ad un attimo prima.
Il fango, il sangue, la costante ironia, le decapitazioni sono il marchio di fabbrica che giustifica comunque una visione. Il fatto che in questo preciso istante il Maestro stia probabilmente girando il suo prossimo film per bambini o magari il suo nuovo splatter sadomaso è invece una buona notizia per chiunque ami il cinema e non solo per chi affolla le proiezioni notturne dei festival.
[emiliano duroni]