Rosi,
che il prossimo 15 novembre compirà 90
anni, riceverà il riconoscimento durante
la 69. Mostra venerdì 31 agosto, in occasione
della proiezione della copia restaurata del suo
capolavoro Il caso Mattei (1972), restauro realizzato
dalla Film Foundation di Martin Scorsese, con
il sostegno di Gucci.
Il Direttore della Mostra Alberto Barbera ha dichiarato:
"Con una lunga benché non troppo prolifica
carriera, Rosi ha lasciato un segno indelebile
nella storia del cinema italiano del dopoguerra.
La sua opera ha influenzato generazioni di cineasti
in tutto il mondo per il metodo, lo stile, il
rigore morale e la capacità di fare spettacolo
su temi sociali di stringente attualità.
Ragione per la quale è stato ripetutamente
accostato al Neorealismo dell’immediato
dopoguerra e indicato come il padre nobile di
quel filone di cinema impegnato che segnò
in particolare gli anni Sessanta e Settanta della
nostra produzione nazionale. Rispetto al Neorealismo,
che pure contribuì in maniera decisiva
alla sua formazione culturale, il cinema di Rosi
rappresenta una decisa istanza di superamento,
per la precisa volontà di mescolare una
fortissima propensione a raccontare eventi, persone
ed ambienti reali con quella che Fellini definì
«la grande lezione artigianale del buon
cinema americano». Nei confronti del cinema
politico a lui successivo, Rosi vanta invece un
indiscutibile merito: quello di aver sempre preferito
alla semplificazione ideologica di molti suoi
epigoni il durissimo lavoro di ricerca e documentazione
che sta alla base di suoi formidabili capolavori
come Salvatore Giuliano, La sfida, Le mani sulla
città, Il caso Mattei, Lucky Luciano. Una
puntuale lezione di storia che coincide con un’altissima
lezione di stile, capace di fornire linfa e sostanza
per gli altri suoi indimenticabili lavori, tra
i quali non si possono non ricordare Cristo si
è fermato a Eboli, Cadaveri eccellenti
e Tre fratelli”.
"Sono onorato e molto felice di ricevere
questo riconoscimento estremamente prestigioso,
che è stato attribuito in precedenza a
tanti grandi autori che amo e ammiro – ha
dichiarato Francesco Rosi – Ringrazio il
Presidente della Biennale Paolo Baratta e il Direttore
della Mostra del Cinema Alberto Barbera per aver
voluto ricordare il mio contributo al cinema italiano
e all'arte cinematografica in generale".
Francesco
Rosi (Napoli, 1922) si afferma
come autore proprio alla Mostra del Cinema di
Venezia nel 1958 con La sfida, che ottiene il
Premio Speciale della Giuria. In quel film, girato
nel mercato ortofrutticolo di Napoli, come nel
successivo I magliari (1959, premiato a San Sebastián),
ambientato tra venditori di stoffe e tappeti ai
limiti della legalità, è già
presente quel dato cronachistico che, filtrato
dalla finzione drammatica, costituisce la peculiarità
del suo cinema. In Salvatore Giuliano (1961),
Orso d’argento a Berlino, l’uso di
materiale di repertorio caratterizza uno stile
da reportage giornalistico di rara efficacia,
inaugurando un nuovo tipo di cinema politico,
documentato e legato alla realtà più
scomoda, sempre rivolto a capire il presente anche
quando parte da materiali storici.
Nel 1963 Francesco Rosi ottiene la definitiva
consacrazione vincendo il Leone d’oro a
Venezia con La mani sulla città, film-denuncia
delle speculazioni e degli scandali durante gli
anni della ricostruzione e del boom economico.
Torna alla Mostra di Venezia nel 1970 con un altro
film di forte impegno civile, Uomini contro, tratto
da Un anno sull’altopiano di Lussu, fornendo
uno sguardo privo di retorica della prima guerra
mondiale.
Il caso Mattei (1972), Palma d’oro a Cannes,
segna il ritorno allo stile del reportage nella
ricostruzione delle vicende del presidente dell’Eni
(interpretato da Gian Maria Volonté, premiato
a Cannes con una Menzione speciale), fino alla
sua morte in circostanze mai chiarite, gettando
una luce inquietante sulle connivenze tra potere
politico e oscure trame destabilizzanti. Il successivo
Lucky Luciano (1975), nuovamente con Gian Maria
Volonté, ricostruisce gli ultimi anni di
vita che il boss trascorre in Italia portando
nella tomba i suoi segreti.
In seguito, per il suo alto cinema d’impegno,
Rosi si rivolge spesso a testi letterari. In Cadaveri
eccellenti (1976), premio David di Donatello per
il miglior film e la miglior regia, tratto da
Il contesto di Sciascia, si sofferma sulla spirale
del terrorismo e le compromissioni del potere.
Da Carlo Levi trae Cristo si è fermato
a Eboli (1979), David di Donatello per il miglior
film e la miglior regia, vincitore al Festival
di Mosca, premiato come miglior film straniero
ai Bafta, gli “Oscar” britannici.
Rosi realizza quindi Tre fratelli (1981), in cui
riflette sugli anni di piombo (David di Donatello
per la miglior regia e per la miglior sceneggiatura
con Tonino Guerra, Nastro d’argento per
la miglior regia), e in seguito Carmen (1984)
dall’opera di Bizet (David di Donatello
per il miglior film e la miglior regia). È
poi la volta di Cronaca di una morte annunciata
(1987), tratto dall’omonimo romanzo di Márquez
(in Concorso a Cannes), Dimenticare Palermo (1990),
scritto con Tonino Guerra e Gore Vidal, e La tregua
(1997) da Primo Levi, in Concorso a Cannes, premio
David di Donatello per il miglior film e la miglior
regia.
In gioventù vicino agli esponenti della
cultura napoletana del dopoguerra (Patroni Griffi,
La Capria, Ghirelli), Francesco Rosi prima de
La sfida si è formato alla scuola di Luchino
Visconti, suo aiuto-regista per La terra trema,
ed è quindi stato aiuto-regista di Michelangelo
Antonioni e Mario Monicelli. [dal sito la
biennale.org]