Grimaldi
inizia la sua attività di produttore cinematografico
nei primi anni '60 con dei western, spesso coprodotti
con la Spagna, che creano immediatamente un prototipo
legato ai nomi dei registi Rafael e Joaquín
Luis Romero Marchent e dell’attore Robert
Hundar (l’italianissimo Claudio Undari). Film
come Tres hombres buenos (I tre implacabili) e El
sabor de la venganza (I tre spietati) rappresentano
la preistoria del western europeo e differenziano
Grimaldi da quanti in seguito, sull’onda del
successo di Per un pugno di dollari di Sergio Leone,
cavalcheranno il genere decretandone la rapida fine.
Da
lì, invece, Grimaldi – passando per
l’opera di Leone, con cui realizza Per qualche
dollaro in più e Il buono, il brutto, il
cattivo – prende le mosse per allargare i
propri orizzonti e incrociare i destini dei grandi
registi del cinema italiano e internazionale. Nella
leggendaria filmografia della pea, la sua casa di
produzione, i nomi di Fellini (Toby Dammit, Fellini-Satyricon,
Il Casanova, Ginger e Fred), Pasolini (Il Decameron,
I racconti di Canterbury, Il fiore delle Mille e
una notte, Salò o le 120 giornate di Sodoma),
Bertolucci Ultimo tango a Parigi e Novecento, Ferreri
(Non toccare la donna bianca), Rosi (Cadaveri eccellenti),
Pontecorvo (Queimada), Monicelli (Viaggio con Anita
e Temporale Rosy), Petri (Un tranquillo posto di
campagna), Citti (Storie scellerate) sfilano accanto
a quelli di Wilder (Che cosa è successo tra
mio padre e tua madre?) e Lelouch (La vita, l’amore,
la morte), fino al Martin Scorsese di Gangs of New
York.
A
Grimaldi siamo debitori delle opere più irriverenti
del cinema italiano, Salò o le 120 giornate
di Sodoma e Ultimo tango a Parigi, a lui e al suo
coraggio dobbiamo una battaglia per la libertà
espressiva che rappresenta una conquista per l’intera
cultura del nostro Paese. La retrospettiva e il
volume voluti dal Centro Sperimentale vogliono essere
quindi, prima di tutto, un ringraziamento a Grimaldi
per la sua attività e per aver dimostrato
che si può interpretare il mestiere di produttore
come un’arte.
|