Giancarlo Siani era un giovane
giornalista pubblicista napoletano. Fu ucciso a Napoli
la sera del 23 settembre 1985, sotto casa, nel quartiere
residenziale del vomero: da pochi giorni aveva compiuto
26 anni.
Di famiglia borghese, Giancarlo
frequenta il liceo classico "Giovanbattista Vico"
dove alla cultura classico-umanistica affianca quel
fermento politico dei movimenti della sinistra studentesca
conosciuto come "I ragazzi del 77", dal quale
si distacca per passare a movimenti non violenti. Iscritto
all'Università, contemporaneamente collabora
con alcuni periodici napoletani, mostrando spiccato
interesse per le problematiche sociali del disagio e
dell'emarginazione, individuando in quella fascia il
principale serbatoio della manovalanza della criminalità
organizzata, "la camorra".
Inizia ad analizzare prima il fenomeno sociale della
criminalità per poi interessarsi all'evoluzione
delinquenziale delle diverse "famiglie camorristiche".
Questo periodo contrassegna il suo passaggio dapprima
al periodico Osservatorio sulla camorra, rivista a carattere
socio-informativo diretta da Amato Lamberti, e successivamente
al quotidiano Il Mattino, come corrispondente da Torre
Annunziata. Così Giancarlo comincia a frequentare
quella redazione, trattenendosi a scrivere lì
i propri articoli pur non potendo ufficialmente, essendo
solo un corrispondente. Tuttavia era accettato non solo
perché la sua assunzione era imminente, ma anche
perché era allegro, gioviale, sempre disponibile,
pronto ad avere una parola per chiunque, di conforto
o di sprone. In questo lasso di tempo, Siani si addentra
nella realtà torrese senza tralasciare alcun
aspetto, soprattutto quello criminale, che approfondisce
con inchieste sul contrabbando di sigarette e sull'espansione
dell'impero economico del boss locale, Valentino Gionta.
Un'esperienza che lo rende fulcro dei primi e temerari
movimenti del fronte anticamorra. Promotore di iniziative,
firmatario di manifesti di impegno civile e democratico,
Siani diventa una realtà a Torre Annunziata:
scomodo per chi naviga nelle acque torbide del crimine
organizzato, d'incoraggiamento per chi ha una coscienza
civile ma non il coraggio di urlare. Lui, invece, con
i suoi articoli urla: denuncia infatti che la camorra
si è infiltrata nella vita politica, della quale
regola ritmi decisionali ed elezioni. La decisione di
ammazzarlo è presa all'indomani della pubblicazione
di un suo articolo su Il Mattino del 10 giugno 1985
relativo all’arresto del boss Valentino Gionta
(attualmente in carcere condannato all'ergastolo). Nel
pezzo Siani rivela l’alleanza tra Gionta e Lorenzo
Nuvoletta (deceduto), amico e referente in Campania
della mafia vincente di Toto' Riina.
Nuvoletta ha un problema con un altro potente boss camorristico
con il quale è sul punto di far scoppiare una
guerra senza quartiere. L'unico modo di uscirne è
soddisfare la richiesta di Riina eliminando Gionta.
Nuvoletta, per non tradire l'onore di mafioso uccidendo
un alleato, lo fa arrestare facendo arrivare una soffiata
ai carabinieri. Giancarlo viene a conoscenza di questo
particolare e lo scrive, provocando le ire dei camorristi
di Torre Annunziata. Per non perdere la faccia con i
suoi alleati, Lorenzo Nuvoletta, con il beneplacito
di Riina, decreta la morte di Siani.
L'organizzazione del delitto richiede circa tre mesi,
durante i quali Siani continua con sempre maggior vigore
la propria attività giornalistica di denuncia
delle malefatte di camorristi e politici, proprio nel
momento in cui piovono in Campania i miliardi per la
ricostruzione delle zone colpite dal terremoto del 1980.
Questa è la verità giudiziaria dimostrata
dagli inquirenti 8 anni dopo il delitto, con la collaborazione
di alcuni pentiti e confermata per tutti gli imputati,
con la sola eccezione del boss Valentino Gionta.