Nell'appuntamento
di febbraio per “Viaggio nel cinema americano”,
a cura di Antonio Monda e Mario Sesti, in collaborazione
con Festa del Cinema, Studio Universal (Sky) e dalla
Fondazione Cinema per Roma, John Turturro attore, regista
e sceneggiatore con oltre 60 film alle spalle, diretto
da registi come Martin Scorsese, Spike Lee, Joel ed
Ethan Coen, Woody Allen e Michael Cimino.
Lei
ha studiato alla Yale Drama School. Ci dica la verità,
servono veramente a qualcosa le scuole di recitazione?
A volte si… Ti da la possibilità di sperimentare
una serie di lavori diversi. Recitare nel teatro classico
come nelle nuove piece teatrali, recitare in commedia
e cimentare in testi molto diversi come Ionesco, Ibsen,
Cechov, Shakespeare, Pinter , lavori sulla voce, lavori
sul corpo…
Ci
sono attori specializzati a ruoli da caratterista, altri
da protagonista, altri ancora che passano subito dietro
la macchina da presa. E' molto difficile trovare attori
che continuino a fare queste tre cose contemporaneamente…
Mi piace cambiare. A volte recitare in un piccolo ruolo
rappresenta una sfida più interessante che recitare
in un ruolo più grande. Mi piace modificare,
cambiare. Io vengo dal teatro e lì impari
a recitare ruoli sempre diversi. Quello che conta per
me non è il ruolo ma per chi recito quel ruolo,
per il regista e la storia che vuole raccontare. D’altra
parte io non dispongo di un volto classico da protagonista,
sono fatto così è parte di me…
Ha
girato 8 film con Spike Lee. Cosa ha imparato da Spike
e cosa ha insegnato a lui…
Spike è italiano lo sapete… E’ cresciuto
in un quartiere pieno di italiani ed io in uno pieno
di gente di colore. La realtà è che io
sono di colore e lui italiano. Siamo coetanei, e in
realtà la strana combinazione tra di noi è
che siamo cresciuti insieme. Io capisco quello che vuole
esprimere con i suoi film. Sono stato vittima, perché
sono stato in mezzo alle tensioni razziali.
Dal film 'Fa' la cosa giusta' emerge
l’idea che nel cinema americano le comunità
italoamericane abbiano grossi pregiudizi razziali. Fino
a che punto questa idea è corretta?
Nel film successivo 'Jungle Fever', Spike Lee esplora
l’altro latro di questo aspetto. La comunità
di italiani che si è stabilita a New York è
stata trattata in un certa maniera. Quando sono arrivati
i nuovi immigranti, hanno ricevuto lo stesso tipo di
trattamento. A New York purtroppo funziona così
e questo è valso anche quando c’è
stata la forte immigrazione da Portorico e Cuba. E’
iniziato con gli irlandesi ed è stato sempre
così. Il gruppo successivo che arrivava doveva
subire il medesimo trattamento. E’ quello che
ho sempre saputo: arrivano i nuovi, gli metti i piedi
sopra.
Quando mio padre emigrò in America nel 1931,
andò ad abitare in un quartiere pieno di gente
di colore, gente di colore che lui non aveva mai visto
prima di allora. Molti dei suoi amici erano e sono gente
di colore.
Forse
una risposta breve su questo, la puo' dare dicendoci
chi ha votato alle primarie americane...
Obama...
I
fratelli Coen spesso scrivono ruoli per il piacere di
lavorare con un determinato attore. Lei ha lavorato
parecchio con loro. Come si vive nella famiglia dei
fratelli Coen?
Ho un rapporto molto bello, anche dovuto al fatto che
ho una elevata considerazione di loro come esseri umani.
Li considero molto intelligenti e allo stesso tempo
umili. Sono persone specifiche, molto attente, che ti
permetteno di are un contributo alle loro pellicole,
cosa che apprezzo molto. Ma tengo moltissimo alla nostra
amicizia e quando lavoro con loro amo cercare di sorprenderli
quando ci riesco.. Riguardo alla sequenza del film che
abbiamo appena visto (Crocevia della Morte, ndr), nei
film è facile vedere una persona con una pistola
in mano. Io quello che ho cercato di fare è mostrare
quanto questo possa fare paura. Da ragazzino ho avuto
un incidente imbattendomi in una cosa. Una persona mi
ha puntato una pistola alla testa e questo è
una cosa che non dimenticherò mai… Qui
ho cercato di rfendere sullo schermo il medesimo terrore
che ho provato nella realtà.