Intervista
a LUCA MINIERO
(regista)
Come è stato coinvolto
in questo progetto?
La Medusa aveva subito acquistato i diritti per un rifacimento
italiano di Giù al Nord affidando una prima versione
della sceneggiatura a Massimo Gaudioso, già coautore
tra l'altro del copione di Gomorra. Dopo essere stato
contattato ed avere aderito con grande convinzione alla
proposta di dirigere il film ho iniziato a lavorare con
lui al copione per rendere il più possibile italiana
la storia tipicamente francese del prototipo, mantenendone
però la struttura. Credo che il risultato sia esilarante
ed originale perché il nostro film racconta il
rapporto Nord-Sud non nell’ottica dell’eterno
conflitto in atto da tempo ma in quella di incontro-abbraccioriconciliazione
che poi da un punto di vista umano diventa pacificazione,
anche se comica. Il nostro non è un film ideologico
ma nemmeno un racconto che dimentica i problemi della
realtà meridionale: da una parte c’è
un Nord con tutti i suoi pregiudizi da abbattere, impersonati
da un protagonista che parte alla volta del Sud indossando
il giubbotto antiproiettile o pensa di spalmarsi addosso
per precauzione una crema
solare protezione 50; dall’altra abbiamo preferito
privilegiare la speranza e parlare di un Sud positivo
ed inaspettato, di certe sue realtà che non sono
contaminate da mafia e camorra (il che non vuol dire che
non esistano e che non rappresentino un grave problema),
mettendo l’accento su alcune realtà provinciali
buone e positive che non hanno niente a che fare con gli
stereotipi, soprattutto quelli sulla Campania, ma che
crediamo vadano raccontati comunque. Abbiamo girato a
Santa Maria di Castellabate, a San Marco ed in altri luoghi
del Cilento che è l’altro vero protagonista
del film con la sua realtà spettacolare non contaminata,
e con la sua gente che ha collaborato con noi con generosità
contribuendo in modo decisivo all’armonia generale
ed al clima positivo e spensierato della lavorazione .
La vostra tesi quindi è
che Sud e Nord sono molto più simili di quello
che sembra…
Sì. Non avevamo alcuna intenzione di raccontare
il conflitto politico in sé, semmai il pregiudizio
del Nord verso il Sud, che negli ultimi tempi è
tipico della Lega Nord ma in realtà è molto
più antico, esiste dai tempi di Totò: non
è un caso che il nostro film renda omaggio ad esempio
alla cultura di Eduardo De Filippo finendo col rivelare
un'anima tutta sua e tutta italiana. Abbiamo potuto contare
su attori di razza sia nei ruoli da protagonisti che in
quelli secondari, penso a Giacomo Rizzo, a Nando Paone
e ad altri interpreti napoletani che creano una loro speciale
cornice intorno ad un film dove si ride sempre, pur mantenendo
qualche riflessione come sottotesto. Il mio
sforzo è stato di inserire molta realtà
per provocare le risate da quel particolare contesto,
spero di aver dato vita ad una storia leggera che non
diventa però mai banale e che fa parte di tutti
noi. Non si tratta di un film sul Sud - come poteva essere
stato ad esempio Incantesimo napoletano che avevo realizzato
qualche anno fa insieme a Paolo Genovese - ma di un film
sull’Italia.
Come sono stati scelti gli
attori?
Gli interpreti sono stati selezionati con molta attenzione
e cura, anche quelli che sarebbero stati impegnati solo
in piccoli ruoli. Credo che col tempo si sia creato in
scena una sorta di vetrina ideale tra scuole di attori,
cioè fra interpreti tipicamente settentrionali
molto dotati come Teco Celio o Fulvio Falzarano e fra
altri napoletani di estrazione teatrale, a partire da
Giacomo Rizzo - un vero fuoriclasse che torna in un ruolo
comico dopo la parentesi drammatica ne L’amico di
famiglia con Paolo Sorrentino - a Nando Paone e a grandi
“macchiette” come Salvatore Misticone e Ciro
Ruoppo, coi quali avevo già lavorato in Incantesimo
napoletano: il mio sforzo è stato di inserire molta
realtà per provocare le risate da quel particolare
contesto. Mi sono trovato molto bene con tutti, a partire
dai protagonisti. Bisio ci era sembrato subito la persona
adatta per il ruolo di Alberto anche per il suo modo di
recitare molto schietto; Alessandro Siani secondo me rappresenterà
una grande sorpresa, è un fuoriclasse del palcoscenico
ed è pieno di energia, anche se qui lo abbiamo
aiutato a controllarla. Ha già dimostrato il suo
talento al cinema, e se si era rivelato qualche volta
sopra le righe, in questo film è stato particolarmente
misurato, è entrato con umiltà nel suo personaggio
trovando subito una grande affinità con Bisio e
rivelandosi una fucina di battute utilissime per arricchire
il testo. Ho sempre trovato poi Angela Finocchiaro geniale
nelle sue scelte, in questa occasione ha potuto tornare
ad un ruolo esplicitamente comico come ci aveva abituato
all’inizio della sua carriera col suo modo
di essere stralunato ed esilarante: Angela e Claudio Bisio
si conoscono molto bene, hanno ormai un’intesa naturale
di coppia, sembrano Vianello e la Mondaini, conoscono
Milano e la sua realtà e se è vero che ogni
attore quando recita compie un viaggio nella propria biografia,
devo dire che tutti i nostri interpreti hanno contribuito
a delineare la personalità dei personaggi più
con la propria vita che con dei modelli esterni. È
per questo che le situazioni sono originali, esiste l’ispirazione
del film francese ma l’anima è di chi era
sul set, dei personaggi grandi e piccoli colti sia durante
le riprese di una scena sia subito prima o subito dopo,
eravamo sempre tutti a cena insieme e questo ha giovato
alla coralità. In una sequenza-clou in cui la sua
Silvia arriva per la prima volta al Sud e trova la messinscena
di tutta una serie di luoghi comuni esasperati ad arte
per renderle veritieri i racconti preoccupati che suo
marito continuava a farle, Angela ha detto di essersi
ispirata ad un ipotetica visita della regina Elisabetta
nei paesi africani dove lei resta con l’aplomb di
facciata ma dentro di sé è atterrita dall’idea
di contaminarsi con quella gente. Infine sono molto soddisfatto
di Valentina Lodovini che è risultata molto credibile
come napoletana pur non essendolo affatto: non mi interessava
troppo che fosse perfetta dal punto di vista dell’accento,
l’importante era che la personalità del suo
personaggio fosse quella giusta e che si inserisse felicemente
in quel contesto per lei lontano.
Che tipo di film è
nato secondo lei?
Spero si tratti di una commedia corale accurata ma anche
popolare, con un tipo di umorismo fondato su una struttura
e una situazione comica più che sulla singola battuta,
un film dove si ride sempre senza diventare banali e che
riesce a mantenere un equilibrio di messaggio pur essendo
un racconto della realtà esplicitamente comico.
La nostra storia è molto più corale rispetto
a quella francese, in ogni scena ci sono sempre, o molto
spesso, almeno 4-5 persone e questa è una scelta
precisa. L'ispirazione arriva da una realtà napoletana
post terremoto, relativa cioè all’epoca in
cui la nostra città ha iniziato a degradarsi: il
punto di partenza è la mia conoscenza reale di
Napoli, ho cercato di ricordarmi anche dal punto di vista
dello stile come era quando ci vivevo prima di trasferirmi
altrove. Il confronto Nord - Sud mi ha sempre interessato,
molte situazioni che racconto sono accadute davvero a
me o a persone che conosco, il punto di partenza è
la verità. Mi piace che il film non esprima le
solite
lamentele sul Sud ma ne mostri diversi aspetti: nessuno
nega l'esistenza di violenza, mafia e criminalità
ma ci siamo stufati di raccontare solo quell’aspetto.
Vorrei sottolineare infine il piacere di aver affidato
le musiche al napoletano Umberto Scipione, che ha lavorato
a lungo sulle immagini creando brani originali inediti
ed usandone altri di repertorio con l'inserimento nella
ricca e variegata colonna sonora anche di musica napoletana
classica e di brani internazionali.
Come si inserisce secondo
lei Benvenuti al Sud nel panorama del recente cinema italiano?
Molto spesso i film veramente comici si rivelano i tanto
bistrattati film di Natale che hanno una loro dignità
comica assoluta. Sono pochi i comici che vogliono raccontare
semplicemente qualcosa di più profondo, normalmente
sono sentimentali o divertenti senza essere esilaranti,
mentre la nostra storia ambisce ad essere brillante e
ad avere un suo concetto per raccontare qualcosa al di
là delle risate. Questo connubio non è molto
comune, ma mentre Giù al Nord si concentrava su
valori più profondi, nel nostro invece si spinge
molto sul pedale della comicità e in questo senso
il nostro film è molto popolare, per tutti, senza
parolacce, e porta con sé un messaggio più
profondo sull’incontro-scontro tra Nord e Sud. Non
sono bravo a fare confronti, certamente è un film
che nasce anche dalla conoscenza del Nord e del Sud da
parte di attori, regista e sceneggiatore, ognuno con i
vari luoghi comuni da sfatare e ognuno con la propria
personalità: chiunque, consapevolmente o meno,
ci ha messo del suo se non nel testo almeno nel modo di
recitare o di vivere le varie situazioni.
Intervista a CLAUDIO
BISIO (attore)
Come è stato coinvolto
in questo film?
Quando mi hanno proposto il copione l’ho trovato
subito interessante, avevo visto ed apprezzato il film
francese Giù al Nord che lo ha ispirato e la prima
cosa che avevo pensato con un “pizzico” di
invidia era stata: “Ma perché non è
venuta in mente a noi italiani un’idea simile?”
Abbiamo lavorato un po’ sulla sceneggiatura con
Massimo Gaudioso e Luca Miniero cercando di evitare certi
rischi in agguato in Italia più che in Francia,
relativi alla polemica Nord-Sud e l’eterna questione
meridionale: non volevamo dar vita ad un film a tesi né
di contrapposizione ideologica dura, non siamo stati né
seriosi né troppo buonisti fingendo che i problemi
sociali e la camorra non esistessero.
E poi siamo riusciti a non pronunciare mai in scena la
parola Lega Nord: qualche tempo fa avevo definito il mio
personaggio un "protoleghista" per i suoi pregiudizi
sui meridionali che lo convincono a partire verso il Sud
indossando un giubbotto antiproiettile: sarebbe stato
facile e scontato mostrare delle immagini di un comizio
di Bossi o una sparatoria di camorra ma, pur senza fingere
che i problemi sociali non esistano, la nostra è
tutta un'altra storia. Ho capito subito che questo film
era nelle mie corde e rappresentava il clima ideale in
cui mi piace immergermi sia da interprete che da spettatore,
mi ha ricordato nell'impostazione anche il recente Si
può fare di Giulio Manfredonia, nel quale siamo
riusciti a far ridere garbatamente nonostante affrontassimo
un tema importante come la malattia mentale dove non puoi
prendere in giro la gente che sta male. Siamo partiti
da realtà vere, cercando di affrontarle poi con
leggerezza e autoironia.
Che rapporto si è
creato con gli altri attori?
Io e Angela Finocchiaro siamo tornati a recitare insieme
credo per la quinta volta, abbiamo interpretato nel corso
del tempo mariti, mogli, amanti e ci siamo ripromessi
di lavorare ancora insieme presto. C'è stato anche
un incontro molto fortunato e quasi alchemico con Alessandro
Siani per rimettere in scena l’eterno incontro-scontro
tra Milano e Napoli, siamo entrambi dei grandi improvvisatori
e in fase di montaggio Luca Miniero è stato costretto
ad "asciugare” spesso diverse sequenze perché
eravamo andati oltre con i tempi. Il mio maestro di commedia
è stato il mio fratello maggiore Diego Abatantuono
che sui suoi set invita sempre a portare a casa per sicurezza
un ciak "pulito", corretto e sobrio, ma poi
anche un’altra ripresa in cui gli attori vengono
lasciati liberi di andare oltre, di fare e strafare, un'
ipotesi questa che Miniero ha assecondato spesso evitando
di dare lo stop ad una certa scena per divertirsi a vedere
fin dove saremmo arrivati e come: tutta questa improvvisazione
è diventata anche un po’ cabaret, qualcosa
è andato perduto ma qualcos'altro è rimasto
sullo schermo e dà il senso di tutta l'operazione.
Che cosa ricorderà
più volentieri di questo film?
È stato tutto particolarmente piacevole, è
nata una certa legittima aspettativa e la cosa curiosa
è che pur trattandosi del rifacimento di un film
francese, il nostro Benvenuti al Sud è stato già
rivenduto in Francia dove uscirà nei cinema distribuito
da Pathè. Ricordo il piacere di aver potuto recitare
con grandi caratteristi tipici della tradizione napoletana
come Giacomo Rizzo o Nando Paone di cui immaginavo spesso
quello che stavano per dire senza capirne mai il dialetto
"stretto". Sono stato onorato poi del bel cameo
che ci ha regalato Danny Boon, il regista e protagonista
di Giù al Nord che è venuto a girare con
noi per due giorni in un ufficio postale ricostruito a
Roma una sequenza in cui interagisce col suo tipico gergo
provinciale “ch’tis” usato nel suo film
e poi incredibilmente si rivela l'unico in grado di capire
perfettamente un tipo che nessuno di noi dell'ufficio
riusciva a decifrare quando parlava nel suo dialetto!
Abbiamo familiarizzato subito molto, al punto che lui
mi ha chiesto di fare anche io una breve apparizione nel
suo nuovo film, in una scena che ho girato per un paio
di giorni a Bruxelles la scorsa estate in cui lui è
un frontaliere alla dogana tra Belgio e Francia alla vigilia
dell’euro ed io un cuoco italiano. Mi viene in mente
poi anche una grande scena voluta da Miniero, sempre per
poter giocare con i pregiudizi, questa volta culinari,
in cui io appaio come esponente della “confraternita
del gorgonzola” e Teco Celio interpreta il "milanesone"
presidente della confraternita: sembriamo il Ku Klux Klan
mentre mi propina una sua esternazione razzista sui "terroni".
Qual è il segreto
della sua intesa speciale in scena con Angela Finocchiaro?
Mi pare eccezionale la sua assoluta veridicità
e verosimiglianza, lei è credibile sempre e comunque
anche quando recita con toni, espressioni e concetti del
tutto surreali e questo accade da 30 anni, da Ratataplan
di Maurizio Nichetti in poi. Naturalmente col tempo Angela
è apparsa sullo schermo anche in situazioni più
drammatiche toccando registri diversi ma quando la lasci
andare libera sul versante della commedia - penso ad esempio
al nostro recente Amore, bugie e calcetto - Angela riesce
a dire delle cose che un altro attore o attrice raramente
riuscirebbe a dire in un modo così naturale.
Anche a me piace e piacerebbe essere così e quindi
sono felice di aver dato vita a questa bella coppia di
"stupidoni" che poi in fondo sono più
spaventati e ignoranti che cattivi, due che finiscono
con lo stupirsi sinceramente quando scoprono che anche
quelli del Sud possono essere umani. In Benvenuti al Sud
è tutto naturale e verosimile pur essendo "politicamente
scorretto" e zeppo di luoghi comuni. Al di là
dei discorsi politici il messaggio è di integrazione
e di esaltazione di sapori e colori diversi, e di “evviva
le differenze”: alcuni luoghi comuni sono confermati,
come l’eterna differenza tra lenti e veloci, o l’ignoranza
ottusa rispetto ad altre possibilità ed altri linguaggi,
ma sono solo modi diversi di affrontare la vita, mentre
la piccola morale è imparare ad apprezzare gli
altri, il gusto degli altri.
Come si è trovato
sul set con Alessandro Siani ?
L'avevo visto ed apprezzato a teatro, proviene dalla gavetta
del cabaret, aveva girato con me qualche scena di Natale
a New York, e mi piacerebbe che la nostra collaborazione
continuasse: l’asse Milano-Napoli è un bel
modo per accerchiare Roma “bypassandola”,
lui può ricordare un po’ Massimo Troisi e
il nostro può continuare ad essere un bel rapporto
comico anche per le diversità linguistiche di approccio.
Una volta conosciuti ci siamo capiti subito, siamo diversi
per età, estrazione e modi ma tutto secondo me
ha funzionato alla grande da un punto di vista comico,
ad esempio quando lui si stupisce del mio efficientismo,
che poi è tutto da dimostrare.
Che rapporto si è
creato tra lei e Luca Miniero?
Abbiamo legato molto, aveva le idee chiare, sapeva cosa
voleva fare e io ho capito che aveva una marcia in più
sia prima che durante le riprese che per me hanno rappresentato
una bella vacanza come quelle dei film di Gabriele Salvatores
girati in Messico o in Grecia: nonostante io sia in scena
quasi sempre, su questo set la fatica è stata pari
a zero. Pur trattandosi della sua opera prima per il cinema
firmata senza il suo sodale di sempre Paolo Genovese sono
evidenti in Miniero l’esperienza, la serenità
e la pacatezza che lo hanno portato ad assecondare ognuno
di noi interpreti nelle proprie esigenze e caratteristiche.
Abbiamo girato moltissimo materiale e in questo caso è
stata importante la lucidità del regista che ha
avuto la freddezza di tagliare quello che non era strettamente
necessario senza essere troppo sentimentale arrivando
poi a scelte finali più che adeguate.
Intervista
a VALENTINA LODOVINI (attrice)
Che cosa l’ha spinta ad accettare questo ruolo e
come si è trovata alla prese con un personaggio
meridionale?
Avevo già recitato il ruolo di una napoletana in
Fortapàsc di Marco Risi ma stavolta mi sono messa
alla prova con la mia prima commedia pura grazie ad un
copione brillante che accompagna lo spettatore nel piacere
di ridere seguendo la vicenda dei personaggi principali.
La sceneggiatura è piena di scene corali dove per
gli attori è essenziale divertirsi loro per primi
in modo da far divertire gli spettatori. La sintonia con
i miei colleghi è stata decisiva rivelandosi un
punto di forza raro e prezioso per il film. La Maria che
interpreto è la “femmina” di questo
gruppo strampalato e, si sa, quando arrivano le femmine
napoletane portano con sé solarità, saggezza
antica e caparbietà. E poi la verità è
che è l’unica che fa “tremmare”
di paura Alessandro Siani!
Come si è trovata
alle prese con i meccanismi brillanti e con due comici
come Siani e Bisio?
La commedia per me è semplicemente uno dei tanti
generi da affrontare con il necessario impegno. Recitare
è il mio mestiere e non ci sono difficoltà
che tengano, mi auguro in futuro di continuare a passare
sempre con facilità da un’esperienza all’altra.
È stato molto interessante confrontarmi con due
comici di razza, una categoria diversa rispetto a quella
degli attori brillanti, e per fortuna la sintonia con
Alessandro e Claudio è stata preziosa e complice.
Siani è un vero fuoco d’artificio, ogni giorno
sul set con lui è stata un’esplosione di
allegria: è un attore “di pancia” che
ti trascina, in scena devi sapere tenergli testa altrimenti
la sua verve ti travolge. Bisio poi è protettivo
e generoso, non solo come persona ma anche come professionista,
è un attore che stimo enormemente e sul set si
è rivelato un vero napoletano! Devo confessare
invece che io ho avuto diverse difficoltà per risultare
credibile con un accento non mio: non volevo essere una
“macchietta” ed ero circondata da campani
doc.
C’è stato qualche
episodio particolare della lavorazione che ricorda più
volentieri?
Un momento molto divertente - per me ma molto meno per
chi ne è stato vittima - l’ho vissuto quando
abbiamo messo in scena la sequenza della farsa per coprire
le bugie che il personaggio di Bisio racconta per telefono
alla moglie, Angela Finocchiaro.
Stavo guidando un furgone al cui interno c’era tutto
il resto del gruppo e quando il regista Luca Miniero mi
ha chiesto di spingere sull’acceleratore io ho eseguito
subito piuttosto… incautamente: ho frenato di colpo
e tutti quelli che erano all’interno insieme a me
sono caduti uno addosso all’altro facendosi piuttosto
male! Dall’esterno la troupe riusciva a vedere le
loro teste piene di bernoccoli… |