Un aspetto interessante è come
lei riunisca i cinegiornali su tutti gli attentati o tentativi
di attentato nei confronti della Casa Bianca. E’ una pazzia
collettiva? Che rapporto esiste tra realtà e finzione
in questo film?
Ero fortemente interessato a fare un film che fosse ambientato
in quel decennio della storia americana (1963-1974), definito
da molti il decennio dei grandi shock, in cui ci furono diversi
assassini e culminati con lo scandalo del Watergate. Per molti
è il decennio in cui gli Stati Uniti, la società
americana ha perso la propria innocenza. Non so se è
realmente così, ma ero comunque interessato a questo
periodo che è stato molto tumultuoso, molto turbolento
per il nostro paese. Riguardo l’attinenza tra ciò
che successe allora e ciò che stà succedendo ora,
stiamo vivendo un ritorno all'indietro, come se gli Stati Uniti
per la storia dei cicli stia tornando a rivivere quello che
è stato vissuto in passato. Non è forse neanche
un caso che molte persone paragonano l’amministrazione
Bush a quella di Nixon. Nella preparazione al film ho letto
molti discorsi del Presidente Nixon, ove emergeva ossessivamente
il concetto di vittoria, di guida e predominio per il mondo
invece che di cooperazione con gli altri.
Il film è stato scritto durante l’amministrazione
Clinton e prima dei tragici fatti dell’11 settembre. Dopo
mi sono chiesto se valeva la pena fare un film che tratta del
tentativo di dirottamento di un aereo che si deve schiantare
contro la Casa Bianca. Il fatto che questo fosse un fatto realmente
accaduto mi ha convinto di si. Naturalmente ho avuto grossi
problemi a trovare i finanziamenti, in quanto opere che si sposano
con la realtà hanno poi problemi a trovare finanziatori.
Tra
i produttori ci sono nomi molto famosi e conosciuti (Cuaròn,
Di Caprio, Payne). Come è andata?
I due principali produttori del film sono Alfonso Cuaròn
e Jorge Vergara. Cuaròn all’epoca in cui giravo,
si trovava a Londra sul set di Harry Potter. Ciò nonostante
ha avuto il tempo di darmi molti consigli tant’è
che un giorno con pronta una copia lavoro, l’ho raggiunto
a Londra e sulla stessa moviola di Harry Potter abbiamo visto
il film e lavorato tra birra e tequila, dandomi numerosi utili
consigli per il montaggio finale. Jorge Vergara è invece
un grande produttore conosciuto nel mondo anche per la sua
passione per il calcio (è proprietario della più
importante squadra messicana). Per Leonardo Di Caprio, tempo
fa avevo diretto Tobey Maguire e tramite lui ho saputo che
Di Caprio tramite la sua società voleva produrre opere
del budget del mio film e visto che i due produttori principali
ad un certo punto non erano certi di poter coprire tutte le
spese, Di Caprio ha detto io metto una parte, quello di cui
avete bisogno potete attingere. Alexander Payne invece è
un mio vecchio amico dai tempi della scuola di cinema, a cui
è piaciuta la sceneggiatura.
Come
è stato lavorare con Sean Penn?
Sean lesse il copione per la prima volta nel 1999, dando la
sua approvazione al progetto. Le riprese sono poi iniziate
nel 2003. In questi anni abbiamo avuto modo di incontrarci
più volte, ci siamo conosciuti meglio ed insieme abbiamo
costruito il personaggio.
Quali
sono le fonti a cui avete attinto per questo film?
Innanzitutto si tratta di una storia assai poco conosciuta
negli Stati Uniti e di conseguenza nel resto del mondo. Questo
da una parte è stato un vantaggio perché mi
ha permesso di muovermi con una certa libertà creativa.
La fonte principale è stato un file dell’FBI,
che abbiamo potuto consultare grazie al Freedom Information
Act, che conteneva le registrazioni, le cassette che il vero
Bicke aveva inviato a varie celebrità, fra i quali
il maestro Leonard Bernstein. Nel film abbiamo semplificato
facendo vedere che le mandava solo a lui. Grazie a queste
registrazioni siamo riusciti insieme al mio sceneggiatore
– Kevin Kennedy - a penetrare nello spirito del personaggio
e forse capire le motivazioni dietro questo suo atto drammatico.
Ci siamo poi ispirati a giornali e riviste dell’epoca.
La sceneggiatura ed il film sono stati visionati da due familiari
del vero Bicke – vi erano anche rischi di protezione
della privacy - che hanno dato il loro assenso.
Come
ha reagito il pubblico e la critica americana al suo film?
Sapevo di scatenare grosse reazioni. Il pubblico si è
diviso di fronte al film. C’è chi lo ha odiato
e chi amato molto, non ci sono state mezze misure. Diverse
persone che non hanno amato il film, mi hanno detto che causava
loro depressione. Perché raccontare la storia di un
perdente, che motivo c’è - mi dicevano. Io ho
percepito in queste persone una sorta di auto-identificazione
nel personaggio ed un rifiuto a vedere cose nelle quali magari
si riconoscevano. Anche chi lo ha amato si è identificato
nel personaggio, pur non arrivando alle sue tragiche conseguenze,
ma i fallimenti, le frustrazioni, gli insuccessi del personaggio
erano anche i loro. La critica invece ha generalmente sostenuto
ed apprezzato il film e questo mi ha fatto molto piacere.