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67a
Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia
1-11 settembre 2010 |
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Assegnati
i premi della 67esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica
di Venezia:
La Giuria Venezia 67, presieduta da Quentin Tarantino
e composta daGuillermo Arriaga, Ingeborga Dapkunaite,
Arnaud Desplechin, Danny Elfman, Luca Guadagnino,Gabriele
Salvatores, dopo aver visionato tutti i 24 film in concorso,
ha deciso di assegnare i seguenti premi:
LEONE D’ORO
per il miglior film a:
SOMEWHERE di Sofia COPPOLA
(Usa)
LEONE D’ARGENTO per
la migliore regia a:
Álex de la IGLESIA
per il film BALADA TRISTE DE TROMPETA (Spagna, Francia)
PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA
a:
ESSENTIAL KILLINGdi Jerzy
SKOLIMOWSKI (Polonia, Norvegia, Ungheria, Irlanda)
COPPA VOLPI
per la migliore interpretazione maschile a:
Vincent GALLO
nel film ESSENTIAL KILLING di Jerzy SKOLIMOWSKI
(Polonia, Norvegia, Ungheria,
Irlanda)
COPPA VOLPI
per la migliore interpretazione femminile a:
Ariane LABED
nel film ATTENBERG di Athina Rachel TSANGARI (Grecia)
PREMIO MARCELLO MASTROIANNI
a un giovane attore o attrice emergente a:
Mila KUNIS
nel film BLACK SWAN di Darren ARONOFSKY (Usa)
OSELLA per la miglior fotografia
a:
Mikhail KRICHMAN
per il film OVSYANKI (SILENT SOULS) di Aleksei FEDORCHENKO
(Russia)
OSELLA
per la migliore sceneggiatura a:
Álex de la IGLESIA
per il film BALADA TRISTE DE TROMPETA di Álex de
la IGLESIA (Spagna, Francia)
LEONE SPECIALE
a:
Monte HELLMAN
Monte Hellman è un grande artista cinematografico
ed un poeta minimalista. La sua opera è stata di
ispirazione a questa giuria per cui è per noi un
onore rendergli onore
LEONE DEL FUTURO - PREMIO
VENEZIA OPERA PRIMA (LUIGI DE LAURENTIIS)
La Giuria Leone del Futuro - Premio Venezia Opera Prima
(Luigi De Laurentiis) della 67. Mostra Internazionale
d'Arte Cinematografica, composta da Fatih Akin (Presidente),
Nina Lath Gupta,Stanley Kwan,Samuel Maoz, Jasmine Trinca
ha deliberato all’unanimità di assegnare
il premio a:
COGUNLUK (MAJORITY) di Seren
YÜCE (Turchia) – VENICE DAYS
Nonché un premio di 100.000 USD, messi a disposizione
da Filmauro di Aurelio e Luigi De Laurentiis, che saranno
suddivisi in parti uguali tra il regista e il produttore.
PREMIO ORIZZONTI
La Giuria Orizzonti della 67. Mostra Internazionale d'Arte
Cinematografica, presieduta da Shirin Neshat e composta
da Raja Amari, Lav Diaz, Alexander Howarth e Pietro Marcello,
dopo aver visionati i 64 film in concorso, ha deliberato
all’unanimità di assegnare
il PREMIO ORIZZONTI (riservato
ai lungometraggi)
a VERANO DE GOLIAT di Nicolás
PEREDA (Messico, Canada)
il PREMIO SPECIALE DELLA
GIURIA (riservato ai lungometraggi)
a THE FORGOTTEN SPACE di
Nöel BURCH e Allan SEKULA (Olanda, Austria)
il PREMIO ORIZZONTI CORTOMETRAGGIO
a COMING ATTRACTIONS di
Peter TSCHERKASSKY (Austria)
il PREMIO ORIZZONTI MEDIOMETRAGGIO
a
TSE (OUT) di Roee ROSEN
(Israele)
una MENZIONE SPECIALE a:
JEAN GENTIL di Laura Amelia
GUZMÁN e Israel CÁRDENAS (Repubblica Dominicana,
Messico, Germania)
La Giuria, dopo aver visionato i 21 cortometraggi europei
della selezione Orizzonti, ha deciso di assegnare il
VENICE SHORT FILM NOMINEE FOR THE EUROPEAN FILM AWARDS
a
THE EXTERNAL WORLD di David
OREILLY (Germania)
PREMIO CONTROCAMPO ITALIANO
La Giuria Controcampo Italiano della 67. Mostra Internazionale
d'Arte Cinematografica, presieduta da Valerio Mastandrea
e composta da Susanna Nicchiarelli, Dario Edoardo Viganò
ha deliberato all’unanimità di assegnare
il premio a:
20 SIGARETTE di Aureliano
AMADEI (Italia)
MENZIONE SPECIALE
a Vinicio MARCHIONI (20
SIGARETTE)
PREMIO L’ORÉAL
PARIS PER IL CINEMA
a: Vittoria PUCCINI
JAEGER-LECOULTRE GLORY TO
THE FILMMAKER
a: Mani RATNAM
PREMIO PERSOL 3-D PER IL
PIÙ CREATIVO FILM 3-D DELL’ANNO
La Giuria del premio Persol 3D presieduta da Takashi Shimizu
e composta da Jim Hoberman, David Zamagni ha deliberato
all’unanimità di assegnare il premio a:
AVATAR di James CAMERON
(Usa, Regno Unito)
DRAGON TRAINER (HOW TO TRAIN YOUR DRAGON) di Chris SANDERS
e Dean DEBLOIS (Usa)
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Il
cinema, maggiore responsabile (assieme alla fotografia)
del declino dell’ “aura” dell’arte
moderna, di cosa può ancora farsi forte?
Della sua (relativa) potenza economica; delle
regolari imprese critiche di legittimazione; dei
gruppi di spettatori in grado di identificarlo;
e soprattutto, della sua incontestabile supremazia
simbolica.
La più rappresentativa delle arti tecniche
“resiste” perché continua a
offrire possibilità di rinnovamento a una
trama singolare di spazio e tempo. Per questo,
anche in passato, le era stato possibile opporsi
e risucchiare in sé ciò che sembrava
dover prendere il suo posto (la televisione, il
video, le “nuove immagini”). Sarà
a questo punto inevitabile chiedersi se esista
ancora l’ “aura” cinematografica,
o se non sia invece semplice apparizione di una
lontananza, per quanto sia vicino ciò che
l’ha evocata. La risposta provvisoria è
nei programmi della 67. Mostra Internazionale
d’Arte Cinematografica. |
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Il cinema, maggiore responsabile
(assieme alla fotografia) del declino dell’ “aura”
dell’arte moderna, di cosa può ancora farsi
forte? Della sua (relativa) potenza economica; delle regolari
imprese critiche di legittimazione; dei gruppi di spettatori
in grado di identificarlo; e soprattutto, della sua incontestabile
supremazia simbolica. La più rappresentativa delle
arti tecniche “resiste” perché continua
a offrire possibilità di rinnovamento a una trama
singolare di spazio e tempo. Per questo, anche in passato,
le era stato possibile opporsi e risucchiare in sé
ciò che sembrava dover prendere il suo posto (la
televisione, il video, le “nuove immagini”).
Sarà a questo punto inevitabile chiedersi se esista
ancora l’ “aura” cinematografica, o
se non sia invece semplice apparizione di una lontananza,
per quanto sia vicino ciò che l’ha evocata.
La risposta provvisoria è nei programmi della 67.
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica.
Con
una serie ininterrotta di intrusioni, le nuove prassi
cinematografiche hanno definitivamente scardinato la
serratura dello spazio privilegiato delle arti visive,
costretto la parte migliore di queste a trarre le conseguenze
dei piccoli e grandi rivolgimenti da esse causati. Si
sono allora rifondati i criteri di giudizio estetico;
le definizioni correnti di stile, talento, mestiere,
autenticità, unicità, originalità,
autore sono divenute di colpo fuori corso, la loro caducità
è stata lampante. Hanno finito per perdere autorevolezza
anche valori che spesso sopravvivono in seno al mercato
(finanziario e retorico) delle arti solo in quanto tributari
di un gesto molto più decisivo, quello del “cinema”.
Il
cinema è stato solo, veramente solo, in un unico
periodo: quello tra la partenza del sonoro e l’arrivo
della televisione. L’epoca in cui si è
affermata una logica della trasparenza e della (presunta)
immediatezza dell’immagine. Il “cinema”
non può essere solo impronta diretta del mondo.
Esiste come “arte” quando lavora incessantemente
anche a scucire la realtà, smentendo così
la pretesa che la sua essenza sia solo documentaria.
Abbiamo finito per scoprire che il “vestito senza
cuciture del visibile” occultava le cuciture della
mediazione, del gesto e del lavoro dello sguardo nel
mondo. E che sono le cuciture a fare il cinema, e anche
le pieghe: perché esso opera sul punto di contatto
tra due metafore, quella del tessere e quella del cucire,
che si impegna a confondere, come fa il sogno.
Ciò
che ancora chiamiamo “cinema” ha iniziato
a dimenticarsi di sé, ma non fino al punto di
rimuovere la rottura da cui tutto il nuovo era scaturito.
Motore di un rivolgimento tecnico-estetico che ha azzerato
tutti gli antichi criteri qualitativi (dalla “fattura”
alla “firma” d’autore), con la sua
apparizione aveva fatto saltare le paratie che dovevano
salvaguardare e regolare lo statuto di opera, dalle
condizioni di produzione ai valori attribuiti alla sua
fruizione. Se oggi vogliamo considerarlo ancora come
arte (“arte”, quindi, nell’accezione
contemporanea del vocabolo), dobbiamo riconoscere i
disordini che ha causato, il fecondo disastro che ha
spalancato nuovi campi di sperimentazione, suscitato
speranze di un’attualità sempre più
rigorosa.
Abbiamo
guardato a quello che davvero è successo nel
“cinema” degli ultimi dodici mesi. Come
è accaduto a tutte le pratiche artistiche, il
cinema, quando è stato ripensato e riformulato,
non ha perso tempo a ribattezzare ogni volta la parte
e il tutto con nuovi nomi propri. Ha sopportato con
indifferenza l’isteria da ridenominazione persino
per le trasformazioni che designavano ordini di urgenza
altri da quello estetico: urgenze etiche, intellettuali,
politiche. Mai come quest’anno, dunque, l’
“etichetta” di una delle nostre linee di
programmazione è stata calzante e ci ha permesso
di seguire i linguaggi espressivi nella loro graduale
liberazione da ogni definizione che li costringeva entro
contorni angusti, privilegiando così la ricerca
di nuovi Orizzonti.
Non
è stato solo Orizzonti a reinventarsi e rinnovarsi,
ma la Mostra tutta. Senza partiti presi, senza pose
aprioristiche o predilezioni di genere. Senza un unico
“stato dell’arte” a fare da griglia
di riferimento. Ci siamo immersi nella singolarità
delle opere: solo a selezione fatta, il programma si
è organizzato per linee progettuali comuni ai
registi. Ci siamo rifiutati di entrare in una contabilità
di criteri che - ci dice chi il cinema lo fa - devono
essere mantenuti aperti. E persino, addirittura, incerti.
Forse
il cinema non è ancora compiutamente un’arte,
forse deve finire di diventarlo. La sua potenza artistica
non chiede che di poter attualizzare sempre meglio i
propri strumenti: eppure resta spesso una potenza fragile,
come sospesa, il futuro anteriore di una promessa.
Abbiamo
dunque fatto appello ai registi che sperimentano tutto
quello che i linguaggi della cultura visiva contemporanea
potevano offrire. Nel solco di quel che era avvenuto
all’epoca delle grandi avanguardie cinematografiche
(del primo dopoguerra e oltre), quando gli artisti cinematografici
avevano preso come riferimento una parte della pittura
contemporanea, quella che non ricorreva più ai
mezzi del linguaggio articolato, rinunciava al principio
stesso del figurativo per riflettersi, invece, in nuovi
modi di esistere sul piano delle forme.
Più
del seguito delle avventure di un cinema “sperimentale”
(arroccato in difesa delle sue prerogative di continuatore
di una storia dell’arte da considerare intatta,
come una sola storia morfologica), ci interessavano
i modelli che rifiutano di appartenere a questo o a
quel campo estetico, passando invece dall’uno
all’altro, negandosi alla denominazione d’origine
controllata. Senza contare che esistono ormai strumenti
tecnologicamente avanzati perché il cinema dell’intimità,
quello elaborato in un faccia-a-faccia con sé
stesso, quello del pittore e dello scrittore, abbia
infine accesso ad altri spazi che quelli del filone
sperimentale.
È
della fluidità del cinema contemporaneo che volevamo
rendere conto, con scelte che mettono a confronto opere
che innovano nel tradizionale supporto di celluloide
e sperimentazioni elettroniche-digitali. Stili e sguardi,
insomma, molto diversi tra loro sull’audiovisivo
e sul mondo. Nella convinzione dell’esistenza
oggi di una molteplicità di sviluppi delle pratiche
cinematografiche e delle loro costellazioni (vale a
dire: del cinema e delle sue espansioni).
Se
abbiamo lavorato a scontornare quelli che erano i vecchi
Orizzonti, è stato con l’intenzione di
presentare meglio quel versante del programma dalla
Mostra: un altro punto di vista, un'altra immagine del
"cinema per come lo si può fare" oggi.
Così che uno spettro ancora più ampio
del solito di cineasti, forme e contenuti faccia dialogare
tutte le linee di programma, senza bisogno di metterle
in competizione e nemmeno in "alternativa",
bensì come prova particolarissima che il cinema
è in presa diretta, oggi più che mai,
con tutte le arti, con tutti i linguaggi espressivi.
Questo
sforzo particolarissimo dovrebbe servire a ritrovare
un’idea-forza di Mostra “spirito del suo
tempo”. Rinasce dunque quest’anno una Mostra
di Venezia dalle rimeditate linee di programmazione,
che documenta il “visivo” contemporaneo
in tutti i suoi stati, sollecita uno sguardo attento,
vigile ed appassionato e offre in cambio un nuovo passo
di visione.
[intervento
del Direttore della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica
di Venezia] |
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