Dopo una lunga attesa, l’ultimo atto della trilogia, basata sul mitico fumetto ideato da Stan Lee e Jack Kirby nel 1963 per la Marvel Comics, approda sul grande schermo.
X-Men: Conflitto Finale riparte esattamente dal punto con il quale finiva il secondo episodio: la presunta morte di Jean Grey (Famke Janssen), sepolta dalle acque del lago Alkali, dove si è sacrificata per salvare i compagni mutanti.
La trama principale del film ruota, però, intorno alla scoperta de “La Cura”, un antidoto contro le variazioni genetiche che permetterebbe ai mutanti di divenire comuni esseri umani, perdendo tutti i loro poteri speciali.
La scoperta, oltre a scatenare conflitti interiori negli X-Men, lacerati se cancellare una condizione che li isola dal resto dell’umanità ma che rappresenta la loro individualità, oppure rimanere sé stessi e lottare per essere accettati così come sono, provoca anche una violenta guerra fra gli stessi mutanti, divisi tra il gruppo guidato da Magneto che rifiuta la cura ed usa la lotta contro di essa come un pretesto per prendere il potere e annientare chiunque si opponga al suo progetto, e il prof. Charles Xavier che, pronto alla tolleranza e libero dalla sete di potere, la vede solo come una possibilità di scelta, un’opportunità di vita migliore per quanti (come Rogue) non amano la loro condizione. In sé stessa la cura non è né giusta né sbagliata, dipende dai casi. L’importante è lasciare ognuno libero di scegliere.
La paura del diverso, il tentativo di omologazione, l’interna lacerazione dell’accettare se stessi senza condizioni o del cambiarsi per essere accettati e la difficile gestione del potere allo stesso tempo benedizione/maledizione, sono le problematiche e gli interrogativi che solleva il terzo atto di X-Men, richiamando temi importanti come il razzismo e l’estremismo.
Ma al di là di queste lodevoli intenzioni il film rimane deludente nei dialoghi, che sono proprio da fumetto, concisi, con poco spessore e dalla battuta facile e scontata.
Anche se c’è un tentativo di approfondimento psicologico dei personaggi, questo è reso in modo molto veloce e approssimativo. I protagonisti rimangono piatti e bidimensionali, proprio come nel comic e a parte pochi casi nei quali viene reso bene il tormento e la complessità interiore, come in Angel e in Rogue, ciò che importa è solo il susseguirsi incalzante delle immagini.
La forza del film, più che nei contenuti, è tutta nelle scene spettacolari e nei grandi effetti visivi. Molte le trovate e gli accorgimenti tecnici particolari che hanno permesso effetti tali da avvicinare ancor di più il film al fumetto dal quale è nato. Jackman (Wolverine) trascinato ad una velocità di 140 km/h attraverso una foresta, senza alcun aiuto dal computer, oppure la Berry (Tempesta) che vola nel cielo alla velocità di un uragano senza l’assistenza degli effetti digitali.
Ma l’effetto più complesso e spettacolare di tutto il film rimane la distruzione del Golden Gate Bridge. Per questa scena sono state interamente ricostruite una sezione del ponte di San Francisco e di Alcatraz a grandezza naturale che, successivamente, sono state rielaborate digitalmente.
Per gli amanti del genere, sicuramente X-Men 3 non delude le aspettative. Cult per gli appassionati, annoia tutti quelli che da un film vogliono qualcosa di più che una favola per adulti. [vanessa menicucci]
Titolo originale | X-Men: The Last Stand |
Regia | Brett Ratner |
Sceneggiatura | Simon Kinberg, Zak Penn |
Fotografia | Dante Spinotti |
Montaggio | Mark Helfrich, Mark Goldblatt, Julia Wong |
Musica | John Powell |
Cast | Famke Janssen, Halle Berry, Hugh Jackman, Ian McKellen, Patrick Stewart, Rebecca Romijn-Stamos |
Anno | 2006 |
Nazione | USA |
Genere | Fantasy |
Durata | 103' |
Distribuzione | 20th Century Fox |
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