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[jacopo
angiolini] |
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Il
cinema trash la più grossa fonte di risate della
produzione Anni Settanta nel cinema italiano. Una galleria
lunga come la storia degli audiovisivi dai fratelli
Lumiere in poi; volendo a suon di titoli trash si potrebbe
scrivere una storia parallela del cinema.
Il cinefilo
è razza strana, ama quasi tutto quello che viene
mandato in una sala cinematografica,
lo ama nel senso che all'inizio non ha pregiudizi, per
curiosità si
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concede di vedere qualsiasi cosa prima di catalogarla, anche
negativamente. Dopo questo sano esercizio della mente il Nostro
corre il rischio di diventare un po' troppo sofisticato e
comincia a classificare. La classifica è buona se non
si fa fregare dall'eccesso di autostima del proprio gusto…
quando questo accade inizia la tragedia della 'ghettizzazione'.
Ma il cinema non viene fatto solo per i cinefili. La Settima
Arte è l'architettura del mito moderno, ha la capacità
di renderci per due ore protagonisti di storie fantastiche,
distraendoci. La spiegazione del successo del cinema trash
è tutta qui. Gli Anni Settanta in Italia hanno regalato
delle autentiche perle di questo genere trasversale, ma la
cosa importante non è quanto siano realizzate male
certe pellicole o quanta poca sia la sostanza intellettuale
di cui sono fatte, ma la ragione che porta a produrre queste
pellicole. Senza ipocrisia: il merlo maschio, portato al successo
da Lando Buzzanca, non nasce dall'ignoranza del regista o
dell'attore
(che non esiste, perché Buzzanca è bravo), ma
da quei produttori, registi e attori che riconoscevano un
certo tipo di gusto nel pubblico. Certi personaggi hanno pagato
a duro prezzo l’aver partecipato alla realizzazione
di pellicole trash: un nome su tutti, Mario Bava, sottovalutato
in vita quanto rivalutato ed apprezzato postumo. Segue il
caso di Renzo Montagnani, confinato nel ghetto dei film a
bassissimo costo per pure ragioni economiche - pagamento delle
spese mediche del figlio malato -, ritrovò lustro solo
con Monicelli che gli affidò la parte del Necchi in
Amici miei - Atto secondo. Ma
se il cinema rispecchia la società in cui nasce, riguardo
agli Anni Settanta viene da pensare a due cose: che ci doveva
essere una tensione nell'aria altissima a causa della politica;
che proprio in conseguenza di questo dovesse nascere una 'zona
franca' dove la gente potesse rilassarsi e non pensare a niente:
il 'Trashet Boulevard'. Poco tempo fa Diego Abatantuono ha
dichiarato come i suoi film Anni Ottanta facessero parte di
quella tradizione della commedia all’italiana distrutta
da un certo intellettualismo, lontano dai film pecorecci con
le varie 'soldatesse', e che fare film comici è sempre
una scelta difficile. Sebbene non abbia torto, anche lui cade
nella trappola di sottovalutare le 'soldatesse' e le 'studentesse'.
Un errore non ripetuto da un certo Quentin Tarantino, che
affetto da una spudorata passione per i B-Movie, li ha visti,
studiati, capiti, per farne in seguito grande cinema. Questo
si chiama non avere pregiudizi! Il pregiudizio è il
miglior amico della banalità ed il peggior nemico dell'arte,
di qualsiasi genere, cinema compreso. Osservare che un film
è ignobile, è un discorso; fare di tutta l'erba
un fascio è un altro mazzo di carte. In ogni caso l'amico
'film inguardabile' ha avuto successo, è stato replicato
in tv, su Internet girano frammenti audio e video di film
oramai stracult.
Quando imbuchiamo il 'trashet boulevard' e ne diciamo, a ragione
o a torto, peste e corna ci dovremmo ricordare sempre due
cose: che se non ci fossero stati quei film, ci mancherebbe
una parte della storia del cinema; che parlandone, ammettiamo
di averli visti e che ci sono segretamente piaciuti... o no?
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