Un
Leone a passo di danza: Stanley Donen
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[fabio
melandri] |
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"Nella
mia vita ci sono stati grandi e noti registi, ma credetemi,
c'è stato un solo Stanley Donen." Audrey
Hepburn
Non
vi è altro genere cinematografico che più
del musical incarni perfettamente la vera natura del
cinema: sogno, affabulazione, "entertainment".
Nato con il sonoro - i primi film parlati erano in realtà
film musicati, cantati - il musical è il genere
cinematografico per eccellenza, mette in scena un mondo
utopico, onirico, manifestamente falso, kitsch, propagandistico,
trasformando questi difetti in pregi e punti di forza.
Tra gli artisti che più hanno contribuito all’evoluzione
del genere, merita un posto
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d'onore
Stanley
Donen (Columbia, South Carolina, 1924), Leone d'oro
alla carriera alla 61 Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica
di Venezia.
Ballerino di fila a Broadway, coreografo, arrivò al cinema
giovanissimo firmando a soli 25 anni la regia di Un
giorno a New York (On The Town,
1949), con Gene Kelly e Frank Sinatra, in cui trasforma New
York nel più grande palcoscenico teatrale mai realizzato.
Marchio di fabbrica delle produzioni Donen, un ritmo vertiginoso
della narrazione, dove senza soluzione di continuità
si passa dalla parte recitata a quella cantata - integrante
la sceneggiatura e non semplice intervallo musicale. Il ballo
diventa un fatto atletico, ambientato in spazi aperti. La cura
di scenografie e costumi vengono esaltati dai colori densi ed
accesi della fotografia in Technicolor; la macchina da presa
segue mobile e fluente i virtuosismi di attori e ballerini.
Le sue coreografia acrobatiche e mozzafiato sono finalizzate
all'esaltazione atletica dell'attore-ballerino (Fred Astaire,
Gene Kelly) e del corpo di ballo tutto. Basti pensare a Sette
spose per sette fratelli (Seven
Brides for Seven Brothers, 1954) in cui l'aggiornamento
dell'episodio storico-mitologico del ‘Ratto delle Sabine’
da parte dei Romani, è lo spunto per una serie di numeri
danzanti che per l'alto tasso acrobatico tolgono il fiato allo
spettatore.
Altro marchio di fabbrica dell'opera di Stanley Donen è
lo sfrenato senso dell'umorismo che attraversa tutti i suoi
film. Cantando sotto la pioggia
(Singing in The Rain, 1952) oltre
ad essere una divertita incursione nel cinema che fu, sul drammatico
momento di passaggio dal cinema muto a quello sonoro, è
una perfetta commedia dai ritmi cadenzati e battute fulminanti,
in cui Gene Kelly, Debbie Reynolds e Donald O’Connor formano
uno dei cast più briosi ed esaltanti della storia del
cinema.
Un umorismo che non lo abbandonò neanche quando decise
di affrontare nuovi generi cinematografici. Fu tra i primi autori
a cimentarsi in quello che fu presto definito come un nuovo
genere cinematografico, il giallo - rosa. Una struttura narrativa
da thriller condita da leggerezza di sentimenti. Fanno parte
di questo periodo Indiscreto (Indiscret,
1958) con Cary Grant e Ingrid Bergman, Sciarada
(Charade, 1963) con Cary Grant,
Audrey Hepburn e Walter Matthaus, Arabesque
(id, 1966) con Gregory Peck e Sophia
Loren.
Personaggio eclettico, rappresentante del cinema mainstream
hollywoodiano, è riuscito a mantenere sempre un'originalità
ed indipendenza che gli hanno permesso di muoversi dentro e
fuori i generi cinematografici preconfezionati, innovandoli
o piegandoli alla propria visione della mondo e della vita.
Esemplare il piccolo horror fantascientifico Saturn
3 (id, 1980) con Kirk Douglas
ed Harvey Keitel, in cui la lotta ad eliminazione tra uomini
e macchine - un robot che non ha nulla da invidiare ad Hal di
2001 Odissea nello Spazio - è
narrata attraverso un uso della violenza e della tensione disciplinato
e canalizzato come un rigoroso passo di danza.
Audrey Hepburn per Stanley Donen si tuffò in uno stagno
senza saper nuotare e guidò un'auto da corsa senza avere
la patente; noi ci limitiamo a rendere omaggio a questo giovane
vecchio del cinema americano con la segreta speranza di poterlo
rivedere all’opera sul grande schermo come si vocifera
nelle stanze dei bottoni a Hollywood, California, Stati Uniti
d’America.
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