anno 1
numero 0
marzo 2004

Oscar 2004

[fabio melandri]
Al terzo tentativo ce l’ha fatta... con il BOTTO. In una edizione degli Oscar, la 76a per gli amanti dei numeri, di rara noia e prevedibilità, Il Signore degli Anelli trionfa con un en-plein che lo catapulta sulla vetta dei film più premiati di tutti i tempi (vedi prospetto nella pagina seguente). Un successo per il talentuoso - visionario regista Peter Jackson. Nato con l’horror più estremo ed irriverente - il genere splatter con film quali Bad Taste e Brain Dead - , ha saputo asciugare il suo stile mantenendo lo stesso spirito autarchico e provocatorio delle origini. La sua peculiarità è quella di riuscire a colorare con la tavolozza della fantasia la realtà e nello stesso tempo costruire mondi immaginari con estremo realismo; coniugare l’effetto speciale alla Ray Harrihausen
(King Kong) con la comicità dei Monty Python. Un regista che come Alfred Hitchcok, ama firmare le sue opere con una breve comparsata. Un piccolo grande uomo venuto dalla lontana terra della Nuova Zelanda, terra di confine e sentimenti estremi, che colpisce al cuore e allo stomaco senza lasciare indifferenti... comunque la pensiate.
Il trionfo “artistico” ha fatto da traino ai numerosi premi di contorno (leggi tecnici) coronando il lavoro di un gruppo di temerari che hanno assecondato il sogno di un uomo e di milioni appassionati tolkeniani in tutto il mondo. Celebrato degnamente il trionfatore, fa piacere vedere premiati due attori - tra i migliori in circolazione - da sempre accomunati dalla stessa passione politica e di conseguenza iscritti nelle medesime liste nere del conservatorismo hollywoodiano: Sean Penn nuovamente premiato dopo la coppa Volpi a Venezia per 21 Grammi - è proprio il suo anno - e Tim Robbins, meravigliosi protagonisti dell’ultimo capolavoro di Clint Eastwood Mystic River, che si conferma ancora una volta gran direttore d’attori. In campo femminile vince la Bella ‘trasformata’ in orribile serial killer Charlize Theron, su cui - in attesa di vedere il film - sospendiamo il giudizio e Renée Zelwegger, ottima attrice brillante, premiata per la sua in assoluto peggior interpretazione della carriera.
Spiace assai la sconfitta di Bill Murray nel delicato Lost In Translation che vede premiata la sceneggiatura e l’ex-figlia-di-papà (ricordate le feroci polemiche per la sua interpretazione nel Padrino-Parte III?) Sophia Coppola accompagnata alla cerimonia dall’ingombrante padre Francis, confermando ancora una volta come la commedia venga considerata un genere minore.
Personalmente dolorosa ma preannunciata l’esclusione da ogni riconoscimento del piccolo film brasiliano City of God a cui auguro miglior fortuna e visibilità sugli schermi televisivi (DVD o VHS) rispetto a quella avuto sul grande schermo, almeno in Italia.
La mancata candidatura del film di Salvatores Non ho paura nella sezione Miglior Film Straniero, ha scemato l’interesse italico per la categoria riservata al cinema non anglofono. Vince, come da pronostico, Le invasioni barbariche, grazie anche all’assenza/bocciatura di avversari all’altezza, provenienti dalle cinematografie europee più forti (Francia, Spagna e.... Italia) o emergenti (Cina, Hong Kong).
Lo spettacolo televisivo è stato abbastanza moscio, senza sussulti e grida..., fatta eccezione per l’introduzione di Billy Crystal con la classica parodia delle pellicole candidate al titolo di Miglior Film. Nessun sussulto dalle interpretazioni musicali dei vari Phil Collins, Sting ed Annie Lennox; nessuna polemica nei discorsi di ringraziamento degli ex rivoluzionari Penn e Robbins (inutili i 5 secondi di differita sul circuito internazionale); nessun entusiasmo - in sala- per l’Oscar alla carriera a Blake Edwards.
Concludo con un appunto alla trasmissione italiana di Raisat CinemaWorld. Quando erano aperti i microfoni dei traduttori in simultanea, ovvero sempre, si sentiva in sottofondo ma nettamente, un fastidiosissimo chiacchericcio e risatine, evidentemente della redazione della testata.
COMPLIMENTI e W LA RAI...