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Al
terzo tentativo ce l’ha fatta... con il BOTTO. In
una edizione degli Oscar, la 76a per gli amanti dei numeri,
di rara noia e prevedibilità, Il
Signore degli Anelli trionfa con un en-plein che
lo catapulta sulla vetta dei film più premiati
di tutti i tempi (vedi prospetto nella pagina seguente).
Un successo per il talentuoso - visionario regista Peter
Jackson. Nato con l’horror più estremo ed
irriverente - il genere splatter con film quali Bad
Taste e Brain Dead
- , ha saputo asciugare il suo stile mantenendo lo stesso
spirito autarchico e provocatorio delle origini. La sua
peculiarità è quella di riuscire a colorare
con la tavolozza della fantasia la realtà e nello
stesso tempo costruire mondi immaginari con estremo realismo;
coniugare l’effetto speciale alla Ray Harrihausen
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(King
Kong) con la comicità dei Monty Python. Un regista
che come Alfred Hitchcok, ama firmare le sue opere con una breve
comparsata. Un piccolo grande uomo venuto dalla lontana terra
della Nuova Zelanda, terra di confine e sentimenti estremi,
che colpisce al cuore e allo stomaco senza lasciare indifferenti...
comunque la pensiate.
Il trionfo “artistico” ha fatto da traino ai numerosi
premi di contorno (leggi tecnici) coronando il lavoro di un
gruppo di temerari che hanno assecondato il sogno di un uomo
e di milioni appassionati tolkeniani in tutto il mondo. Celebrato
degnamente il trionfatore, fa piacere vedere premiati due attori
- tra i migliori in circolazione - da sempre accomunati dalla
stessa passione politica e di conseguenza iscritti nelle medesime
liste nere del conservatorismo hollywoodiano: Sean Penn nuovamente
premiato dopo la coppa Volpi a Venezia per 21
Grammi - è proprio il suo anno - e Tim Robbins,
meravigliosi protagonisti dell’ultimo capolavoro di Clint
Eastwood Mystic River, che si conferma
ancora una volta gran direttore d’attori. In campo femminile
vince la Bella ‘trasformata’ in orribile serial
killer Charlize Theron, su cui - in attesa di vedere il film
- sospendiamo il giudizio e Renée Zelwegger, ottima attrice
brillante, premiata per la sua in assoluto peggior interpretazione
della carriera.
Spiace assai la sconfitta di Bill Murray nel delicato Lost
In Translation che vede premiata la sceneggiatura e l’ex-figlia-di-papà
(ricordate le feroci polemiche per la sua interpretazione nel
Padrino-Parte III?) Sophia Coppola
accompagnata alla cerimonia dall’ingombrante padre Francis,
confermando ancora una volta come la commedia venga considerata
un genere minore.
Personalmente dolorosa ma preannunciata l’esclusione da
ogni riconoscimento del piccolo film brasiliano City
of God a cui auguro miglior fortuna e visibilità
sugli schermi televisivi (DVD o VHS) rispetto a quella avuto
sul grande schermo, almeno in Italia.
La mancata candidatura del film di Salvatores Non
ho paura nella sezione Miglior Film Straniero, ha scemato
l’interesse italico per la categoria riservata al cinema
non anglofono. Vince, come da pronostico, Le
invasioni barbariche, grazie anche all’assenza/bocciatura
di avversari all’altezza, provenienti dalle cinematografie
europee più forti (Francia, Spagna e.... Italia) o emergenti
(Cina, Hong Kong).
Lo spettacolo televisivo è stato abbastanza moscio, senza
sussulti e grida..., fatta eccezione per l’introduzione
di Billy Crystal con la classica parodia delle pellicole candidate
al titolo di Miglior Film. Nessun sussulto dalle interpretazioni
musicali dei vari Phil Collins, Sting ed Annie Lennox; nessuna
polemica nei discorsi di ringraziamento degli ex rivoluzionari
Penn e Robbins (inutili i 5 secondi di differita sul circuito
internazionale); nessun entusiasmo - in sala- per l’Oscar
alla carriera a Blake Edwards.
Concludo con un appunto alla trasmissione italiana di Raisat
CinemaWorld. Quando erano aperti i microfoni dei traduttori
in simultanea, ovvero sempre, si sentiva in sottofondo ma nettamente,
un fastidiosissimo chiacchericcio e risatine, evidentemente
della redazione della testata.
COMPLIMENTI e W LA RAI...