“L’Australia
intera poteva, almeno in teoria, essere letta come uno spartito.
Non c’era roccia o ruscello, si può dire, che non
fosse stato cantato o che non potesse essere cantato.”
Non si può parlare di letteratura di viaggi senza menzionare
Bruce Chatwin, grande e conosciutissimo viaggiatore del nostro
secolo, che ha dato un'impronta del tutto personale sia al viaggiare
quanto al raccontare. Pubblicato nel 1978, pochi anni prima della
sua morte, questo suo libro, considerato da molti il più
riuscito, parla dei miti della creazione degli aborigeni, delle
creature totemiche primordiali che nel Tempo
del Sogno attraversarono tutto il continente australiano
cantando il nome di ogni cosa, pietra, animale o pianta, e attraverso
il loro canto tutte le cose iniziarono ad esistere. Questi racconti
mitici sono ancora oggi vivi nella cultura aborigena e sono tuttora
oggetto di studio degli antropologi di tutto il mondo. Per le
popolazioni aborigene la terra è solcata da innumerevoli
“vie dei canti” o “piste del sogno”, che
solo loro sono in grado di vedere e di capirne l’importanza
e chi come loro possiede un canto guida in grado di seguirle.
In questo libro Chatwin si sofferma sul senso del nomadismo, sul
suo significato nel corso dell'evoluzione umana, di quanto il
vagabondare sia nelle nostre origini prima e nella problematica
personale poi. Chatwin intraprende anche un vagabondaggio da un
genere letterario ad un altro, da grande narratore fonde insieme
il saggio, il romanzo , il resoconto di viaggio, la narrazione
di avventure,la ricerca antropologica e etnologica, l'indagine
filosofica, il diario, scivolando anche nell'autobiografia mettendo
in gioco se stesso e le proprie certezze. Un romanzo che è
un caleidoscopio di narrazioni che diventa un racconto avvincente,
una continua e splendida divagazione fra appunti, voci, canti
e ricordi, ripresi dalle pagine dei suoi famosi Moleskine; quei
taccuini di viaggio con la copertina nera e fermati con un elastico,
così preziosi da promettere una ricompensa a chi li ritrovasse
una volta smarriti. Appunti che l’autore stesso ci riporta
e ci fa leggere in uno dei trentasei capitoli del libro, aprendo
in questo modo una finestra sui suoi pensieri, su un viaggiare
tutto suo personale. È un romanzo che si sposta da un argomento
ad un altro, da un posto a un altro, dove il nomadismo delle nostre
origini porta con sé il concetto di movimento e quindi
di vita e si trasforma in un movimento di pensieri, una ricerca
di sé. Il viaggiatore, il nomade, non rinuncia alla propria
cultura, ma la completa e la arricchisce incontrandone altre,
quindi lo stesso sentirsi straniero assume un significato importante
che va al di la dei simboli della nostra civiltà che ritroviamo
un po’ dovunque: le differenze sono possibilità di
arricchimento culturale. Dalla molteplicità del racconto
emergono i conflitti fra culture e popoli ed il fascino di un
luogo come l'Australia, terra di tradizioni antiche che si mescolano
con le invasioni moderne, dando luogo ad una descrizione unica
nel suo genere.
[simonetta
cestarelli] |
Bruce
Chatwin è nato nello Yorkshire, a Sheffield, nel
1940. Ha frequentato il college nello Wiltshire. Ha lavorato
per la famosa casa d'aste londinese Sothesby, esperto
impressionista prima e quindi giovane direttore. Lasciò
Sothesby per un problema agli occhi e si interessò
quindi di archeologia iscrivendosi all'università
di Edimburgo. Lavorò in Afghanistan e Africa e
nel 1973 fu assunto dal “Sunday Times Magazine”
come consulente di arte e architettura e iniziò
a viaggiare. Partì per la Patagonia licenziandosi
dal Sunday Times con un semplice telegramma che riportava
il seguente messaggio: "sono in Patagonia".
Il frutto di questo viaggio è il libro In
Patagonia. Al suo primo libro seguirono
Il viceré di Ouidah (1980); Sulla
collina nera (1982), Ritorno
in Patagonia (1985), Le vie
dei canti (1987), Utz
(1988). Sono stati pubblicati postumi Che
ci faccio qui? (1989), L'occhio
assoluto (1993) ed Anatomia
dell'irrequietezza (1996).
Personalità emblematica, uomo affascinante, bello
ed intelligente, Chatwin è stato il simbolo del
desiderio dell'uomo occidentale di fuga e di evasione
dal quotidiano, nella continua ricerca delle proprie radici.
Famosi sono i suoi taccuini di viaggio, i Moleskine, quadernetti
con la copertina nera in cui annotava pensieri, riflessioni
e avvenimenti. Muore a Nizza nel 1988, a soli 48 anni,
di AIDS.
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