Tutti i miei robot
Titolo originale
All my robots!
Autore
Isaac Asimov
Anno
1982
Editore
Mondadori

È strano che io non l’abbia capito subito fin dal primo momento, ma forse questo riflette un mio difetto di sensibilità. Vedete, Peter, le macchine non si possono innamorare, mentre le donne, anche quando la situazione è anomala e senza speranza, si.

Se il robot è un classico della fantascienza, il merito principale lo possiamo certamente attribuire a quel piacevolissimo insieme di racconti a base di cervelli positronici uscito fuori dalla penna del grande Isaac Asimov (anche se non è Asimov il primo a mettere i robot al centro di una short-story di fantascienza, egli ha prodotto un numero vastissimo di racconti su di essi). All my robots è una meravigliosa antologia di racconti nella quale l’autore stesso raduna tutti i suoi scritti in merito di robotica guidandoci all’esplorazione delle varie “tipologie letterarie” di Robot (cosa che fa anche attraverso le sue introduzioni alle varie sezioni del libro: egli distingue il “robot stile patetico” ed il “robot come minaccia”), vi si legge di macchine, di robot ad uso domestico, di computer dotati di una certa personalità, robot specializzati in singole azioni o in determinati comportamenti imitativi del mondo umano ed il tutto condito con quel meraviglioso meccanismo che unisce il gusto fantascientifico delle invenzioni impossibili (o attualmente impossibili) ad un’analisi scientifica e lucidissima di quello che a queste invenzioni accade. Occorre ricordare anche che Asimov nel momento in cui tratta di robot (non macchine, non computer, solo robot) ne tratta mettendo delle chiare premesse, e queste sono niente di meno che le tre leggi della robot, pietra miliare di questo genere di racconti. I legge: Un robot non può recare danno agli esseri umani, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, gli esseri umani ricevano danni. II legge: un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani tranne nel caso che tali ordini contrastino con la Prima legge. III legge: Un robot deve salvaguardare la propria esistenza, purché ciò non contrasti con la Prima e la Seconda legge. Se spesso i nostri amici metallici, o meglio, prevalentemente metallici, riescono a strapparci emozioni di ogni genere e, spesso, sorrisi, non da meno sono gli umani che incrociano i loro destini per lavoro o per amore; basti segnalare fra questi tre nomi che non possono risultare sconosciuti agli affezionati di Asimov, dalla US Robots, nero su bianco, ci raggiungono la sarcastica robopsicologa Susan Calvin e la geniale (ed a volte esilarante) coppia di collaudatori Powell & Donovan, pronti a combattere contro disfunzioni, cervelli positronici decisamente confusi e umani xenofobi. Il romanzo si conclude con le due apoteosi dei due tipi di robot prediletti dall’autore: il “robot stile patetico” ed il “robot come minaccia”. Per il secondo caso il racconto s’intitola Che tu te ne prenda cura. Nel primo, siamo di fronte a quella che è forse la più bella di tutte le storie di robot scritte nella storia della fantascienza, quella in cui davvero Asimov ha descritto l’umanità con la passione bruciante di una macchina che ne sente enormemente la mancanza dentro di sé: L’Uomo Bicentenario, il capolavoro della fantascienza robotica. [aurora capoferro ronchetta]

Isaak Iudich Azimov nasce nel 1920 a Petrovich, Russia. Nel 1923 la sua famiglia - ebrea - emigra negli USA dove il padre Judah acquista un negozio di dolciumi nel quartiere di Brooklyn, a New York. All'età di cinque anni impara a leggere da solo e - a partire da quel momento - si circonda di libri di ogni genere presi in prestito dalle biblioteche pubbliche. Nel 1928 ottiene la cittadinanza americana e muta il suo nome nel “più americano” Isaac Asimov. La passione per la fantascienza lo contagia nel 1929, quando nel negozio del padre scopre le riviste di science-fiction, di cui diviene subito un assiduo lettore. Nel 1936 inizia i suoi studi alla Columbia University di New York, dove si laurea dapprima in Chimica e poi in Biologia. Nel 1946 riprende i suoi studi in Biochimica, alla fine dei quali, due anni più tardi, ottiene il dottorato. Dal 1949 al 1958 insegna tale materia alla Boston University School of Medicine. Successivamente, grazie al successo delle sue opere, decide però di abbandonare l'attività accademica e di diventare scrittore a tempo pieno, dando così vita alla sua estremamente prolifica produzione nei campi della letteratura fantascientifica e della divulgazione scientifica. Conserva la Cattedra solo per tenere lezioni e conferenze speciali. Il debutto come scrittore avviene nel 1939 col racconto Marooned Off Vesta, pubblicato su Amazing Stories, ma l'opera che lo proietta tra i grandi della fantascienza è Nightfall, pubblicato nel 1941 su Astounding Science-Fiction, di John W. Campbell, e che è ancora oggi ritenuto il miglior racconto breve di fantascienza mai scritto. Successivamente intraprende la scrittura dei suoi racconti più noti: quelli dedicati ai Robot Positronici, che saranno successivamente raccolti nei libri I Robot (1950) e The Rest of the Robots (1964), e quelli dedicati al ciclo Foundation. Nel 1989 contrae l'AIDS a causa di una trasfusione di sangue infetto. La malattia corroderà Asimov fino alla morte. L'autore la tiene tuttavia nascosta agli occhi del pubblico, tanto che la sua scomparsa verrà spiegata come dovuta a semplice crisi cardiaca. La verità verrà diffusa dalla moglie solo nel 2002. Muore a New York nel 1992. In suo onore il Mensa ha dato il suo nome all'asteroide 5020 Asimov. La sua scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile. Autore di oltre quattrocento opere, vincitore di 6 Hugo Award, insignito di 14 dottorati ad honorem, Asimov rimarrà nella leggenda della fantascienza come l'autore con la A maiuscola. Le sue capacità inventive e narrative non sono mai state superate.