Si
arriva a vedere la biglietteria dopo ore di coda, la Piramide
dell’architetto Pei appare un miraggio, come le omonime
sorelle maggiori, monumenti al genio umano.
Nel 1993 nasce il Grand Louvre, l’ampliamento del museo
è stato secondo Michel Laclotte un evento unico nonché
un atto dovuto. Visitando le varie sale si comprende il motivo.
Dopo la “via crucis” si ammira la grandezza delle
sale, i capolavori insuperati ( non si respira quasi davanti
ad opere mastodontiche di Gericault, Delacroix, Gros) e si
pensa alle mille meraviglie rinchiuse nelle “segrete”
del complesso.
Probabilmente è anche per questo che un libro come
Storie di musei ci aiuta a comprendere
i percorsi di un complesso affascinante come il Louvre.
Il conservatore Laclotte non è certo uno sprovveduto
e nelle sua biografia sotto forma di domande e risposte non
si concentra solo sul grande museo parigino.
Il sottotitolo “Il direttore del Louvre si racconta”
svia in parte la lettura (“Souvenirs di un conservatore”
era la traduzione giusta dal testo base) che si dipana in
infinite strade, con considerazioni che non mancano di stupire
(il pezzo sul tema dell’attribuzionismo è da
manuale dell’arte).
Laclotte è nato a Saint- Malo nel 1929 ed il suo contatto
in età adolescenziale con i musei è spesso vago,
impreciso.
La fine delle guerra darà modo al giovane di avvicinarsi
ad artisti emergenti (Nicolas de Stael su tutti, escludendo
gli americani che con garbo Michel ammette di non aver troppo
osservato).
Prima i musei di provincia, al fianco del suo primo mentore
Jean Vergnet Ruiz (seguiranno Sterling, Chastel e Longhi),
uomo deciso, adatto per risolvere le piccole realtà
espositive francesi, escite provate dalla guerra.
Non bisogna affaticarsi, basta leggere per comprendere l’amore
del ragazzo di Saint Malo verso l’arte ed in particolare
per i primitivi toscani e senesi, di un Medioevo che sempre
più diventa ricco.
Negli ultimi vent’anni la museologia ( che possiamo
definire semplicisticamente la scienza che studia il museo
e la sua storia) ha saputo imporsi come materia di studi ed
ora la casa editrice “il Saggiatore” gli dedica
una collana, curata da Maria Gregorio.
Operazione tutt’altro che semplice visto il tardo successo
in Italia di questa materia molto attuale nella sua volontà
di conservazione e di promozione dell’arte e del museo.
Ritornando a noi, il testo ripaga ampiamente le aspettative
ed in Francia hanno presto apprezzato il risultato.
Momenti intensi ve ne sono molti, l’arrivo al Louvre
come direttore nel 1987 (vi era già però giunto
ricoprendo la carica di direttore del dipartimento di Pittura)
fino ai vivi ritratti dei suoi maestri.
Colpisce la precisione con cui si sofferma su Roberto Longhi,
storico dell’arte ( se non erro per Laclotte il migliore
di tutti i tempi) e uomo particolare, intenso nelle sue stravaganze
certo poco piemontesi ( era infatti nato ad Alba nel 1890).
Vi è poi la sacralità nelle parole riservate
ad Andrè Chastel collega dell’albese e vera coscienza
critica del popolo francese.
Nel 1994 Laclotte lascia il Louvre dopo i previsti sette anni
di direzione, sicuramente si è commosso anche se lui
non ne parla per inciso.
Uscendo dal complesso al calar della sera, dopo la giornata
di visitasi guardano le luci intense del complesso, ci si
ferma ad osservare il più grande dei musei, in parte
figlio del ragazzo di Saint Malo.
[alessio
moitre ]
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Nasce nel
1929 a Saint Malo, storico dell’arte famoso per
i suoi studi sui primitivi senesi, inizia la sua carriera
all’Ispettorato dei musei di provincia. Impegnato
nella formazione del Musèe d’Orsay, approda
nel 1987 alla direzione del Louvre.
Ha pubblicato vari testi fra cui Primitivi
francesi e I dipinti del
Louvre.
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