Si prova
una strana sensazione a leggere questo libro, ci si estrania
per qualche istante dalla propria mente, dalla propria idea
di arte per entrare in un universo contorto come la psiche inesplorata
di un bambino, quella di Rothko. Il volume raccoglie tutti gli
scritti di Rothko dal suo debutto, nel 1934, fino al 1969, un
anno prima del suo suicidio. Tema centrale è l’infanzia,
la stessa sfera umana in cui attingeva l’autore (nato
a Dvinsk, Lettonia nel 1903), il quale ha creato un’arte
composta da colori molto spesso primari, staccati nettamente
fra di loro. Il contrasto è un elemento essenziale per
l’artista che a soli dieci anni emigra a Portland (Oregon)
ed incontra “La terra promessa”, “Il Nuovo
Mondo”. Colori che si fronteggiano ma che al loro interno
contengono una svolta, un croma diverso, eversivo (si veda per
esempio la copertina del libro). Infanzia e contrasto sono termini
primordiali, primitivi, e quest’ultima per Rothko è
la parola chiave: “il primitivismo è lo sfruttamento
del pittoresco sotto la veste incantevole dell’ingenuità”.
Questa frase racchiude mille misteri ed arcani di carattere
terminologico. Il primitivo è semplice, basilare, come
“l’incantevole ingenuità”, la stessa
che pervade l’infanzia. Il pittoresco non è decadente
o trascurato ma sintomatico di genio e furore artistico, di
volontà di travolgere tutto, di renderlo vivo. Il Romanticismo
ha insegnato. Il concetto di “pittoresco” male si
adatta alle regole dell’Università che Rothko intraprende
e poi lascia tra il 1921 ed il 1923. Poi vi è la vita,
la stessa che traspare nel libro, nelle lettere che l’autore
scrive ai suoi amici, dove si scopre un uomo attaccato alla
vita, ai suoi colori e alla sue contraddizioni. Barnett Newman
diventa il custode cartaceo del furore creativo e della fantasia
del pittore. Si rimasto colpiti dalla quotidianità che
ammanta Rothko, da parole che ci permettono di immaginare facilmente
la sua vita. Un’esistenza semplice e priva di fronzoli,
sempre a contatto con una realtà vista come buffa e poco
soddisfacente. Meglio rifugiarsi nella ricerca del “Mito”,
elemento che torna quasi ciclicamente nel libro di Rothko. Un’altra
dimensione dunque, uno stadio che si esula dalla contemporaneità
e dove tutto può essere inventato. [alessio
moitre]
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Violet,
Black, Yellow on White and Red, 1949 |
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Mark
Rothko nasce a Dvinsk ( Lettonia ) nel 1903 ed a soli dieci
anni si trasferisce negli Stati Uniti, a Portland. Viene
ammesso all’Università di Yale nel 1921 ma
lascia gli studi due anni più tardi. Nel 1926 è
a New York come studente della Arts Students League per
soli tre mesi.
Nel 1929 espone per la prima volta le sue opere e nel 1934
entra a far parte della Secession Gallery e contribuisce
attivamente alla creazione del gruppo artistico “The
Ten”. Nel 1945 ha l’onore di vedere esposte
le sue opere alla galleria Peggy Guggenheim. Muore suicida
nel 1970. |
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