La nostra
vita è piena di istantanee, d’immagini, di sensazioni
che impariamo a conservare o che inevitabilmente perdiamo. Momenti,
attimi in cui ci troviamo a meditare, a parlare con noi stessi
ed in cui siamo protetti, in un certo qual modo, dal mondo esterno.
I quadri di Hopper colgono gli istanti, come fotografie fermano
il tempo. Uomini e donne sono sospesi, guardano verso lo spettatore
oppure si interrogano guardando l’infinito. Vi è
della poesia in tutto ciò, una canzone che accompagna
ogni riflessione umana. Mark Strand, poeta di cultura americana,
ha colto la sensazione e le atmosfere che aleggiano attorno
alle stanze di Hopper che diventano “tristi rifugi
del desiderio”. Il processo è semplice, consiste
nell’estrapolare dai quadri la loro essenza, fondendoli
con un tocco di poesia e di vissuto. Trenta opere, altrettanti
pensieri e fini considerazioni. Sembra tutto fermo ed inanimato
nei capolavori dell’artista statunitense, ma è
solo un impressione banale e superficiale. Non è sempre
richiesta la presenza umana, molto spesso può risultare
superflua, scontata ed inutile. Strand puntualizza : “sono
più interessato alla presenza di strategie pittoriche
che non alla presenza di aspetti sociali nell’opera di
Hopper”, ma è solo una verità appena accennata
e non rispettata. La società è un coltello che
taglia la tela, i pennelli di Hopper sono pieni di colore e
di vita vissuta. Tutto è teatrale e rifinito per far
andare in scena i personaggi. Gli interni del pittore americano
sono ambienti costruiti per recitare e per mettere in scena
la vita fotografata in piccoli istanti quotidiani. Il poeta
Strand sottolinea a proposito delle stanze di Edward: “più
sono teatrali , simili a messe in scena , più ci spingono
a immaginare cosa succederà poi; più sono fedeli
alla vita, più ci spingono a costruire la narrazione
di ciò che ha avuto luogo in precedenza”.
Ci si perde a guardare un bar dall’esterno, la vetrata
invoglia ed incuriosisce la nostra vista. Notte fonda, strade
deserte, tutto ciò ha sicuramente del poetico.
Nottambuli per Strand riveste un ruolo essenziale perché
è considerato l’emblema stesso dell’opera
di Hopper. Strand realizza uno scritto veloce ma puntuale, che
non tradisce le attese, le stesse che riguardano molte donne
ritratte dal pittore americano. Donne che all’interno
della loro abitazione meditano e sembrano custodite in una teca
di vetro. “Nei quadri di Hopper possiamo guardare
le scene più familiari e sentire che sono essenzialmente
remote, addirittura sconosciute […] È come se fossimo
spettatori di un evento cui non siamo in grado di dare un nome”.
Il poeta ha ragione, siamo intrusi, persone che non possono
accedere a determinati saperi e a segreti ben custoditi.
Ci ritroviamo così in partenza per altri luoghi, come
la donna in copertina che ci guarda con aria indagatrice. [alessio
moitre]
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Mark
Strand è nato in Canada nel l934 ed è cresciuto
negli Stati Uniti. Insegna alla Committee on Social Thought
dell’Università di Chicago. Le sue poesie hanno
riscosso numerosi premi prestigiosi quali per esempio il
MacArthur Fellowship e il premio Pulizer nel 1999. Nel 1990
è stato poeta laureato degli Usa. |
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