Bisogna
inevitabilmente prendere il via dalla prefazione di Monia B.
Balsamello che ben fotografa il testo poetico di Vito Junior
Ceravolo.
Autore ancora in fasce che comincia a mostrare una prima ideologia
poetica ma anche e soprattutto filosofica.
I versi del presente umano sfiorano appena un tutto, vagheggiato
molto spesso e ricercato con dedizione.
La Balsamello afferma che il poeta è “abile
nel dosare respiro e profezia”.
Visione oserei dire che ben si incarna in termini in “maiuscola”
che universalmente ci sfuggono come “Amore”, “Eterno”,
“Essenza”, “Assenza”.
Realtà queste rintracciate grazie anche ad elementi naturali
che nobilitarono le ricerche dei primi Presocratici.
Il vento spazza con continuità rassicurante tutto il
testo, e si sa che esso è foriero di vita, con i suoi
semi piccoli ed invisibili, una nuova poesia sta per nascere.
Elementi underground e metropolitani si fondono con riferimenti
antichi e medievali,
“I
cavi in pressione aumentano
la tensione
infocando l’aria circostante
In
fibrillazione elaboro dati e idee
a formulare nuova logìa”
e ci comunicano
l’esistenza di un presente hi-tech alla ricerca del cuore,
del sentimento.
Lo stesso che emerge in alcune poesie di Ceravolo che trattano
un amore cercato con ordine ponderato.
Come nel testo “Racconto verde” con alcuni passaggi
intriganti
“Non
t’accorgesti che la perfezione da te ricercata
in me si richiudeva
mentre la tua,
splendente sui miei occhi,
quasi m’accecava”
“Per
Ceravolo, egli è colui che impone il suo pensiero creando
l’immaginazione, spingendo il lettore a provare quello
che lui prova, a vedere ciò che ha visto, ma senza mai
sostituirsi a lui”.
Appunto giusto e giustificato che con l’andar del tempo
non vorremmo diventasse isolamento dal mondo o peggio ancora
altezzosità.
A tutt’oggi questo rischio non esiste.
[alessio moitre]