E'
uscito per Einaudi Non lasciarmi,
sesto romanzo di Kazuo Ishiguro, scrittore britannico di origini
giapponesi già notissimo per il suo Quel
che resta del giorno. Ishiguro ci offre ancora una volta,
attraverso il suo raccontare attento, l'occasione per riflettere
sul senso della vita, sulla sua fragilità, sui sentimenti
e le emozioni ad essa legate. Lo fa svolgendo una trama apparentemente
di fantascienza, ma del libro di fantascienza conserva solo l'impianto,
l'idea, per poi lasciare spazio allo scopo fondamentale: la riflessione
sul senso della vita, sul dolore, sulla fragilità della
vita stessa, sulle distinzioni apparenti o reali che certe scelte
etiche comportano.
La storia e' quella di tre bambini allevati nell'atmosfera apparentemente
perfetta della scuola Hailsham, fatta di campi verdi dove correre
e giocare, dove crescere e imparare. Bambini che sembrano orfani
attentamente seguiti e curati. I bambini non sono orfani, ma cloni,
che un progetto sanitario ha prodotto e che, come tanti altri,
vengono allevati per poi divenire “donatori” e finire
il loro ciclo vitale donando i loro organi fino ad esaurimento
vitale. Il racconto viene svolto in prima persona da Kathy, una
dei tre cloni protagonisti, che dopo l'apprendistato nei cottage
è divenuta una delle migliori “assistenti”
di “donatori”. Dal racconto emerge l'amore che lega
Kathy agli altri due cloni: Tommy, impulsivo e tenero e Ruth,
volitiva e prepotente. Kathy racconta della loro infanzia quasi
perfetta ad Hailisham, di come siano arrivati gradualmente a conoscere
la verità sul loro destino; racconta del passaggio da una
apparente felicità alla consapevolezza di cosa significhi
essere “donatori”. L'autore non da molti dettagli
rispetto alla creazione di questi cloni e dei loro eventuali modelli,
essi rappresentano per la società degli umani soltanto
la necessità per combattere la paura e la morte. Ishiguro
si sofferma più su il loro essere vivi, sul loro percepire,
sul loro modo di condividere, anche se con atteggiamenti differenti,
lo stesso inevitabile malinconico e tremendo destino. Questo non
è nemmeno un romanzo sulla clonazione: anche se mette in
discussione l'etica delle scelte estreme operate per combattere
le nostre paure, si spinge più in là ed indaga sulle
differenze fra la vita di un clone e la vita umana . Chi sono
i cloni? Quanto sono differenti dagli umani stessi? Chi è
l’umano tra loro e noi? Quanto differente è il loro
soffrire, amare e percepire dal soffrire, amare e percepire umano?
Ed è proprio nella capacità di provare sentimenti
veri, che i tre ragazzi si illudono di trovare una possibilità
di "rinvio'', un rinvio di quel destino, una possibilità
di essere liberi, non per molto, ma solo per alcuni anni in più,
prima di venire smontati pezzo per pezzo inesorabilmente. Il titolo
in inglese Never let me go è
dovuto ad una canzone della raccolta Songs
after dark di Judy Bridgewater, che nel racconto capita
per puro caso nelle mani di Kathy ancora bambina, e che ritorna
nel racconto come immagine metaforica, di desiderio di Kathy stessa
di un passato e di un futuro che sa di non poter avere. Anche
in questo romanzo Ishiguro usa una prosa semplice ed uno stile
pacato e sommesso. Descrive i personaggi con una commovente dignità,
con un coraggio disperato, con un calore tangibile. È un
libro intenso e delicato che coinvolge ed emoziona il lettore.
[simonetta
cestarelli] |